“La mafia in Emilia Romagna? La mafia a Bologna?” Stupore e incredulità. Si sentono molto spesso domande simili da parte di cittadini bolognesi “informati”. Quelli che ogni giorno sfogliano i giornali – dal Carlino, al Corriere di Bologna, alla Repubblica Bologna – per restare sempre sulla notizia. Peccato però, che su quelle testate di mafia non si parli. Non si parla delle connessioni facendo una analisi del radicamento e della continuità della presenza criminale. Ogni fatto di criminalità organizzata resta semplicemente un evento di cronaca che resta sganciato dagli altri. Come mai?
In città, invece, si svolgono incontri, organizzati da associazioni antimafia, o anche dall’Alma Mater, con ospiti d’eccellenza. Un esempio su tutti? Quello di Raffaele Cantone, invitato prima dell’estate, dalle associazioni studentesche dell’Università. Fino al 2007 pubblico ministero presso la DDA di Napoli, si è occupato di Camorra, soprattutto riguardo alla famiglia dei Casalesi, indirizzando le sue indagini anche verso l’Emilia Romagna. Sotto scorta da circa undici anni, attualmente lavora all’ufficio del Massimario della Corte di Cassazione. Un uomo, dunque, di esperienza e con una conoscenza approfondita del fenomeno mafioso.
Imbeccato dalle domande sulle mafie al Nord, ha ammesso quella che è la grave situazione che ci circonda. “Non vinceremo mai la lotta alle mafie finché sarà considerato solo un problema dei meridionali. È un problema nazionale che c’è anche qui in Emilia Romagna, e in tutto il nord Italia. Non ci sono realtà senza mafia al nord”.“Il mafioso del sud non è come quello del nord – continua – , dove l’obiettivo è investire. Soltanto piccole briciole di denaro restano nelle regioni meridionali, il resto è convogliato nell’investimento, certamente molto remunerativo”. Cosa Nostra, ‘ndrangheta, Camorra convivono in questa terra, ormai di mafie.“A Modena – continua Cantone – si è spostato un pezzo dei Casalesi. Soprattutto gli Schiavone. Le maestranze di Caserta sono le migliori nel campo dell’edilizia, e spostandosi al Nord hanno portato con sé la realtà negativa, tra cui numerose batterie militari. A Parma, invece, il fenomeno è stato diverso. Non c’è stata l’esportazione di attività militari, e le indagini lo hanno dimostrato, ma solo economiche. Attività clamorose, con società immobiliari e grande capacità di entrare in rapporto con le istituzioni locali. Bisogna tenere la guardia alta”.
Se non c’è sangue, omicidi o sparatorie non c’è mafia? Ormai questa equazione non ha più alcun valore, come ha spiegato lo stesso Cantone. E l’Emilia Romagna è indubbiamente una regione di grande interesse e affari per la criminalità mafiosa. E alcune delle cause, oltre all’omertà (che qui si ha paura a chiamare con il suo vero nome), è anche la scarsa, anzi nulla, informazione dei media locali.
di Nicola Lillo
Francesco
Viene da domandarsi : Ma non è che c’e’ una precisa volontà nell’occultare alla gente comune queste realtà di Mafia in Emilia Romagna e a Bologna nello specifico? Non è che,all’azione indifferente di alcuni uffici giudiziari,si aggiunge quella peculiarità tipica della società emiliana di far apparire (a tutti i costi) lustra e pulita “l’isola felice”?
Quanto conta la volontà della politica nel tenere nascosto tutto cio’? Come si fa a denunciare un simile fenomeno se la politica ha ormai un “irrefrenabile” bisogno di questa forma di economia per sostenersi attraverso ogni speculazione possibile ?
Può l’edilizia locale fare a meno di imprese in odore di ndrangheta e camorra ? Chi ha il coraggio di denunciarlo?
E poi mi domando : Quanti esercizi commerciali in città sono gestiti da prestanome e/o individui legati a clan di Mafia ?
Esiste a Bologna una SOLA figura nella Camera di Commercio, in Ascom , CNA , Lega Coop , Chiesa , Politica di ogni colore, Università ,Provincia, Regione , Stampa, Uffici Giudiziari ..che abbia mai sollevato tale questione? che abbia analizzato dati , approfondito circostanze a riguardo? Denunciato?
Non risulta che vi sia mai stato segnale alcuno da queste realtà istituzionali.Perchè?
Abbiamo letto, tempo addietro,di una imbarazzante consulenza sui fenomeni criminali commissionata dalla Regione all’ex Procuratore Di Nicola per 5.000 euro?
Tutto qui ? A cosa è servita ? E a chi ?
Perchè la ndrangheta e le mafie secondo i resoconti di Stampa si concentrerebbero solo su Reggio Emilia,Parma,Modena,”bypassando” misteriosamnete BOLOGNA,città evidentemente piu’ ricca delle altre dove vi è totale silenzio a riguardo ? è forse immune Bologna? o esponenti del clan BELLOCCO qui erano in gita per ammirare le due torri almeno dal 2000?
Il cancro bolognese è la drammatica necessità di utilizzare per finalità politico-elettorali ogni circostanza utile a fare apparire efficiente una macchina satolla e alimentata dal malaffare, dalla corruzione, dal silenzio e dalla negazione dei fatti?
Il resto lo ha forse fatto un meccanismo giudiziario che si è adeguato ai diktat della politica e che ha permesso forme di totale impunità in parecchi ambiti economico – amministrativi ?
Se un mafioso percepisce che un territorio è ricco,che è ideale per ogni forma di investimento,che è accomodante ,distratto ,colluso a vari livelli e che per di più gode di una stampa che si occupa prevalentemente di graffiti, se sulla tolda della “nave Bologna”si avvicendano circolarmente i soliti nomi , se esistono poteri forti e occulti, se la Giustizia non funziona , se la cultura arriva al “massimo ” a produrre la proiezione di film neorealisti russi in Piazza Maggiore, se la Scuola dalle elementari alla cosiddetta ALMA MATER non promuove nè dice nulla a riguardo, se non vi è una sola figura culturale di riferimento ..ecco quello è il terreno della Mafia . Il migliore . Il nostro. Si chiama STAGNO e nello stagno non ci trovi solo le rane ……
Spero di aver reso l’idea e mi attendo altri contributi di riflessioni e proposte .
Francesco
In data 29 ottobre 2010 , il quotidiano LA REPUBBLICA (edizione Bologna) pubblica un articolo a firma Paola Naldi.
Il Titolo : ALTRO CHE SAZI ,I BOLOGNESI SONO COLTI E SODDISFATTI.
“Il 77 per cento dei bolognesi si dichiara soddisfatto delle proposte culturali offerte dalla città. E i settori del turismo e della cultura, insieme al commercio, sono quelli che hanno retto meglio nel desolante panorama prodotto dalla crisi economica nella provincia di Bologna (nel 2009 si sono registrati un aumento del tasso di disoccupazione del 1,2 per cento e una diminuzione del Pil pro capite di circa 3mila euro). Sono questi alcuni dati presentati ieri dal centro studi Nomisma in occasione della prima giornata degli Stati Generali sulla Cultura promossi dal Partito Democratico. E la «soddisfazione» dei bolognesi è tanto più lusinghiera considerato che l’ Emilia-Romagna è, secondo una ricerca di StageUp e Ipsos, la regione (assieme al Lazio) che ha più «fame di cultura» in rapporto alla popolazione residente.
Tutt’ altro che sazi e disperati, in Emilia-Romagna, ad esempio, più del 60% dei residenti dichiarano di visitare le mostre e i musei. E un milione e 200mila vanno a teatro. Ieri al Museo del Patrimonio Industriale, con un lungo dibattito si è iniziato a tracciare linee politiche e teoriche sul ruolo di teatri, musei, musica a Bologna, mettendo a confronto associazionismo e istituzioni. La convinzione, come ha spiegato Stefano Bonaccini, segretario regionale del Pd, è che «il sapere produca nuovi posti di lavoro»”
Insomma è NOMISMA , IPSOS e STAGE UP e il rassicurante PD Bolognese ci informano che il 77% dei bolognesi si dichiara soddisfatto delle proposte culturali offerte loro .
Turismo , cultura e commercio sarebbero dunque i capisaldi dell’economia locale contro la crisi .
Cosa ne pensa il restante quasi 30% dei bolognesi ? E’ davvero così eccelente l’offerta culturale ?
Gli Stati Generali dela cultura del PD hanno mai commissionato a NOMISMA uno studio sulle Mafie in città , sui rilievi della Corte dei Conti , sul fenomeno della corruzione , sulla composizione della popolazione carceraria a Bologna?
Colti e soddisfatti. E inconsapevoli. Come vuole questa curiosa società del Tortellino.
La cultura produce posti di lavoro , scrive la giornalista , ma quale cultura è lecito chiedersi ?
Cristoforo
Caro amico,a qualche legittimo dubbio che sollevi arriva risposta da un articolo del FATTO QUOTIDIANO in edicola oggi .
Leggete :
“Ma come si prende il potere in un partito?
Nel Partito Democratico (e in tutto il centrosinistra in particolare) comandano solo vecchi. Magari non vecchi anagraficamente, ma vecchi politicamente e culturalmente. Andando a spanne, fanno tutti parte di quelli che negli anni settanta sono stati i gruppi dirigenti dei movimento giovanile di matrice comunista o cattolica. Hanno preso il potere con il crollo della prima repubblica e da allora hanno raccolto numerose sconfitte: negli ultimi dieci anni sono stati al governo solo per tre anni e, anche adesso che in tutto il mondo si parla di “bunga-bunga”, non sembrano in grado di rappresentare un’alternativa credibile al centrodestra.
Non solo. Questi “progressisti”, per il progresso degli italiani più giovani di loro, non hanno fatto nulla. Sono stati piuttosto loro ad aprire le porte alla precarietà senza tutele, loro a programmare, per chi ha cominciato a lavorare negli ultimi dieci anni, un futuro senza pensioni. Sono sempre loro che non hanno messo mano allo stato sociale per adattarlo alla nuova realtà del lavoro, a non aver fatto crescere il paese economicamente, a non trovare fondi adeguati per la ricerca, loro incapaci di fare una legge contro il conflitto di interesse. Ripetono ad ogni piè sospinto “siamo una forza di governo”, come per auto convincersene, come se non ci credessero neanche loro: a Berlusconi hanno fatto più male tre mesi di Fini che 15 anni di D’Alema.
Dicono, guarda caso, che il “giovanilismo non basta”. Eppure vagli a chiedere di Internet, di globalizzazione, di nuove forme di comunicazione, di innovazione. Vagli a chiedere di apertura alla società e a nuove idee. Hanno fatto del “più grande partito italiano di opposizione” una casamatta fortificata: nessuno spazio a chi non fosse stato con loro nella Fuci o nella Fgci, nessuna fiducia per chi veniva da altre storie e altre strada (tranne che non fosse totalmente affidabile, ovvero innocuo); mentre intere generazioni di ragazzi appassionati si allontanavano dalla politica, loro portavano in processione Enrico Letta, Francesco Boccia, Matteo Colaninno come massimi esponenti dei “giovani” che piacciono agli italiani (e perchè non Fabrizio Frizzi allora?).
La domanda di cui sopra allora ritorna: come si prende il potere in un partito?
Qua da noi non certo con la meritocrazia: sarebbe troppo poco italiano. La strada è una e una sola: la fedeltà. Ci si attacca ad un potente, ci si mette al suo servizio, si anticipano i suoi pensieri, i suoi desideri, sperando un giorno di essere scelti come eredi designati. Nei paese meritocratici, invece, si compete. A viso aperto, senza sotterfugi, senza cortesie di maniera. Così hanno fatto i fratelli Milliband nel Regno Unito, così ha fatto Barack Obama contro Hillary Clinton negli Usa.
Un partito, allora, non si conquista con i “perfavore”, ma con una battaglia di potere, con mozioni contrapposte, leader in competizione, delegati da conquistare. Si conquista, un partito, con convention nazionali dove si propongono idee che poi, se convincono, arrivino nelle sezioni e conquistano spazio, maggioranze.”
Con questa premessa puo’ esserci un corretto approccio culturale verso certi fenomeni? E’ questo l’Humus ideale , specie a Bologna, nel quale dove l’unico modo per parlare di Mafia è per far credere che non esista e che non ci appartenga .
Occorre forse negarne l’esistenza per consolidare una immagine di buongoverno?
E’ uscito da tempo un ottimo scritto che tratteggia il Sistema Emilia e le Mafie sul territorio .
Si intitola “Tra la via Emilia e il Clan” (Amorosi /Abbondanza)edito da Casa della Legalità.
Perchè la Stampa bolognese non ne ha mai parlato e quella di Reggio Emilia , al contrario , lo ha fatto?
Perchè? Perchè si vuole che quel mondo di devianza non sia conosciuto dai cittadini anche solo attraverso una banale recensione?
Viene in mente , ma l’accostamento puo’ sembrare eretico, la promozione da parte della Provincia di Bologna e dalla Regione Emilia Romagna di un Convegno sulla COSTITUZIONE (quella repubblicana non di James Anderson) promosso nel 2009 dal Grande Oriente d’Italia.
Riflettiamo…..
Interrogativi che non hanno ancora risposta
Francesco
E A BOLOGNA ?
Sentite cosa accade invece a MILANO . Ce lo scrive Umberto Ambrosoli.
“Dopo l’affossamento della Commissione comunale d’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose a Milano voluto dalla maggioranza, ecco ora il progetto innovativo, spiega Umberto Ambrosoli, di un corso di formazione dal titolo eloquente: “Infiltrazioni mafiose al Nord. Conoscere per prevenire”. Sessanta gli iscritti ma tutti solo del Pd.
Tutti ricordano la fine che ha fatto la non edificante vicenda della Commissione comunale d’Inchiesta sulle infiltrazioni mafiose a Milano: un’idea della minoranza accettata dalla maggioranza che poi l’ha affossata prima della sua realizzazione. Lo spunto per mandare tutto a carte quarantotto sono state le osservazioni fatte dal Prefetto della città, il quale aveva ricordato come i poteri d’indagine siano riservati – dal nostro ordinamento – a determinate istituzioni, tra le quali non figura una Commissione consiliare.
Invece che plasmare una diversa formula, Palazzo Marino ha preferito, incurante delle proteste e delle proposte delle opposizioni, abbandonare totalmente l’idea di un organismo rivolto alla comprensione della realtà delle infiltrazioni mafiose nella città. Poco importa che, con cadenza sempre più frequente, forze dell’ordine e magistratura ci ricordino che Milano non è affatto lontana da quei luoghi che siamo abituati ad abbinare alla parola mafia (nella sua concezione più ampia). Poco importa che la nostra città e la sua periferia siano teatro di numerosi arresti disposti anche dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria nell’ambito della più grande operazione degli ultimi mesi. Poco importa – ancora – che nella centralissima zona Arco della Pace sia stata rapita la testimone di giustizia, poi uccisa e disciolta nell’acido, proprio per punire la sua collaborazione con le istituzioni, cioè il suo tradimento della “autorità” mafiosa.
Una Commissione (o un organismo politico con diverso nome) vuole dire luogo di confronto, concetto che forse fa paura nei luoghi della politica milanese al comando. Così il progetto è stato fatto fallire: integralmente. Come dire che per amministrare la città non serve ascoltare inquirenti o forze dell’ordine, né cittadini vittime di usura, né associazioni che combattono questa ed altre piaghe (dal gioco d’azzardo al caporalato, allo sfruttamento della prostituzione) espressioni di quelle infiltrazioni che talvolta il mondo politico pare non voler vedere (ricordate le infelici espressioni del sindaco Letizia Moratti ad Anno Zero qualche mese addietro?).
Diamo a Cesare quel che è di Cesare e ricordiamo che l’assegnazione degli appalti comunali è gestita in maniera tale da sfruttare al meglio quella normativa che consente di escludere le imprese che presentano indici di contiguità al sistema mafioso. E ricordiamo altresì che proprio dal Comune di Milano è partita la richiesta di norme nazionali per consentire alle istituzioni locali controlli efficaci volti ad escludere che anche nei sub appalti si annidi il germe dell’infiltrazione (che, infatti, oggi in quel contesto sguazza libera). Ciò rende ancor più incredibile l’aver affossato integralmente l’idea di un organismo incaricato di capire, mappare, ascoltare.
Il fatto, tuttavia, che la maggioranza in Consiglio comunale abbia agito in questi termini non significa che l’idea, il progetto, non sia degno di essere sperimentato in chiave minore. È quello che ha pensato il consigliere David Gentili che, con il veneto Pierpoalo Romani dell’associazione Avviso Pubblico (Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie) ha lanciato un progetto innovativo. “Infiltrazioni mafiose al Nord. Conoscere per prevenire” è il titolo del corso di formazione per amministratori pubblici frequentato da tutto il gruppo consiliare del Pd e da altri esponenti dello stesso partito ma di Comuni della cintura milanese: in totale 60 iscritti.
Tre incontri: con i due magistrati Davigo e Nobili, Ivan Cicconi di Progetto Itaca (Istituto per la Trasparenza aggiornamento e certificazione appalti), il sindaco di Niscemi (Comune ad alta densità mafiosa, ove si è abituati da tempo a fare i conti con una criminalità organizzata), altri amministratori locali di Pisa e Reggio Emilia, un deputato della Commissione parlamentare Antimafia.
L’intento è quello di fare tesoro di conoscenze ed esperienze, di preparare un amministratore comunale alla massima attenzione verso i sintomi delle infiltrazioni e alla predisposizione di strumenti efficaci per reagire. Perché gli strumenti ci sono e la condivisione delle esperienze li rende migliori. Un organismo consiliare di approfondimento del fenomeno delle infiltrazioni mafiose come quello proposto mesi addietro e poi lasciato cadere è solo – lo dice questo esempio – uno strumento politico del quale la maggioranza può non aver paura; è un percorso capace, per usare le parole di Pierpaolo Romani di Avviso Pubblico (che ci tiene ad evitare confusioni per casi di omonimia), di agire non “contro” qualcuno o qualcosa, ma “per”: per formare amministratori capaci e sempre migliori.
…………….. E a Bologna ? Non pervenuta l’Amministrazione dei “migliori” …..
cleansing
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