Alla nostra Proposta della settimana – Bologna amore mio: una città che cade!? (inviata con la newsletter agli iscritti) hanno risposto diversi lettori. Abbiamo selezionato questa lettera.
Bologna, fondamentalmente, è una città di merda. Lo dice uno che è nato in Via D’Azeglio alla (ora) ex maternità; cresciuto in Via Santa Caterina al tempo in cui mia nonna faceva un piatto di minestra in più per la vicina malata e mandava me su per scale buie e di legno a consegnarle su pianerottoli dove c’era ancora il cesso in comune. Sono passati solo/già una quarantina d’anni da quella Bologna che aveva già una tangenziale nonostante ci fossero un decimo delle auto di oggi. Eppure sono eoni tra l’oggi e quegli operai, licenziati perché attivisti Cgil o iscritti al partito, che si misero in proprio dando vita al miracolo emiliano. Bologna che pianifica? Bologna è un paese che è cresciuto e non si è visto allo specchio.
L’ ultimo Sindaco è forse stato Imbeni. Già Zangheri fu messo in crisi dalle spinte che evidenziavano le contraddizioni della città e, con tutto il rispetto, non riuscì a gestirle nonostante che qualche migliaio di persone gli urlava che era una città di bottegai. Forse eravamo solo untorelli ma qualche decennio dopo il Sindaco era un ex macellaio del centro.
Con il senno del poi non fu nemmeno l’ anno zero. Infatti la delusione di un velleitario Cofferati lasciò il passo ad una delusione ancora più cocente che si chiamava Delbono. E dato che non c’è limite al peggio il bolognese di oggi guarda con simpatia un Cevenini che riconosce negli stand dei festival dell’ Unità e una Cancellieri che ti ricorda tanto la zia che gli piace il Pratello e fa i tortellini come dio comanda.
Bologna non pianifica più un cazzo dalla strage del 2 agosto 1980, giorno in cui, probabilmente si vede ancora dalle parti della Stazione, la Bologna che conoscevo. Bologna non sa neppure cosa voglia significare la parola identità o memoria, termini desueti che si usano solo nei centri anziani, le uniche oasi di vitalità in una città presuntuosa come una vecchia maitresse in disarmo. Ha una classe dirigente questa Bologna? Ha nomi sui giornali sconosciuti ai più, con un Consorte che è il convitato di pietra in ogni dove compreso il mio micro-mondo Unipol dove tanti lo rimpiangono e una Isabella Seragnoli sovrana illuminata dell’ impero GD. Una riga rossa divide il fare politica dal gestire politica. Chiedi chi si ricorda di un Vitali!
Sogno una Bologna che abbia ristoranti che di primo abbiano tortellini e di secondo kebab con camerieri che mischiano il dialetto all’arabo. Sogno una Bologna che si ricordi chi era subito dopo la guerra. Sogno di una città di merda che piango perché amo e di cui, in definitiva, mi sono rimasti solo i colli…
Andrea Quercioli
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