Eravamo nel 2004 e a Bologna, in un’aula di Giustizia, col Pubblico ministero Lazzarini, si celebrava un’importante processo contro la Direzione delle Officine Casaralta, uno stabilimento della periferia felsinea, officina che si occupava della coibentazione delle carrozze delle Ferrovie dello Stato: 48 decessi, avvenuti per esposizione all’amianto, almeno quelli accertati tra i circa 500 lavoratori impiegati con diverse mansioni, dall’inizio degli anni 60 fino a metà anni 80.
La vicenda Casaralta è un caso emblematico di strage in nome del profitto, hanno dichiarato ancora pochi mesi fa alcuni esponenti della Fiom della fabbrica. Sin dai primi del Novecento era nota la pericolosità delle fibre di amianto per la salute dei lavoratori, eppure, in barba a qualsiasi principio di precauzione, si lavorava senza alcuna protezione, né guanti, né mascherine, né impianti di aspirazione. I lunghi tempi dell’incubazione della malattia hanno portato alla luce continuamente nuovi casi e i malati andavano spesso a finire nella lista delle vittime.
Nella città dei Sindacati, della lotta per i diritti, tra gli anni 70 e 80 nessuno si era mai opposto senza mediazioni alla gravità della Casaralta di Bologna. E se qualcuno alzava la voce la risposta era sempre la stessa “aspettiamo il giudizio della magistratura!”
E neppure nel decennio successivo, fino al gennaio 2010, nessuno ha mai inteso comprendere che la fabbrica dei veleni, oramai dismessa, fosse divenuta il luogo elettivo e il ricovero di pusher, senza fissa dimora e clochard. Casaralta con il suo accogliente e venefico spazio ha autonomamente e secondo le regole del mercato criminale, risolto per un decennio la politica dell’accoglienza fornendo ospitalità mortifera a una larga fetta di disadattati. Proprio nel cuore della Bolognina. Non molto distante da dove Achille Occhetto, l’ultimo segretario del PCI, cambio’ la storia del partito dei lavoratori italiani. Un luogo importante!
La Repubblica nel 2004 scriveva : “E’ colpa dell’amianto se tanti operai delle officine Casaralta sono morti dal ’72 ad oggi di mesotelioma, il tumore che colpisce la pleura polmonare, senza lasciare speranze. Il male è stato favorito dal tipo di fibra utilizzata per coibentare le vetture dei treni, dalla sua concentrazione nell’aria e dal tempo di esposizione …[ ]… I periti hanno citato anche le statistiche: a Bologna c’è un caso di mesotelioma ogni 100mila abitanti, alla Casaralta si sono verificate 10 morti per mesotelioma su 500 operai. Negli anni sono state 40 le persone decedute per questo tipo di tumore. In una delle precedenti udienze un ex operaio aveva raccontato: “Molti di noi facevano la pausa pranzo seduti sui sacchi di amianto e, a volte, ce lo buttavano addosso per scherzare, come palle di neve“. E ancora: “Prima, per coibentare si utilizzava il sughero, con l’amianto si cominciò a lavorare fra il ’59 e il ’60. E almeno fino al 1985, per gli interventi di riparazione di carrozze, per esempio nei casi di deragliamento, l’amianto veniva raschiato via con delle spatole e il pulviscolo restava a terra. Poi l’amianto veniva nuovamente spruzzato”. A quest’ultima operazione, da sempre, erano addetti due operai di un’azienda esterna (che aveva un accordo con Casaralta) che spruzzavano l’amianto mentre gli altri operai lavoravano su altre parti della carrozza: “Uno di quei due lavoratori fu poi assunto da Casaralta: ora sono entrambi morti”.
L’ex operaio aveva dimostrato una formidabile memoria storica: “Entrai alla Casaralta nel gennaio del ’51 e sono andato in pensione il 31 dicembre ’89: iniziai a 14 anni e due mesi, come garzone-fattorino, poi diventai operaio, ero lamieraio, quindi operaio specializzato, fino a capo del reparto riparazione. Usavamo l’amianto per coibentare le carrozze in costruzione. Poi veniva tolto e rimesso in quelle che rimodernavamo”.
Spostiamoci nel 2010, la città dei diritti improvvisamente si sveglia e si accorge, mentre si stanno svolgendo i processi che riguardano l’officina che Carlo Farina, l’ex direttore generale di Casaralta che si occupava della coibentazione delle carrozze dei treni, ha ormai un ‘età che non gli permette di stare in giudizio” (87 anni) e sancisce il non luogo a procedere nei suoi confronti anche se è stato condannato in primo grado. Ci è andato da solo a giudizio Farina anni prima. I vagoni “coibentati” e “rimodernati “ da Casaralta hanno percorso e forse ancora percorrono le linee ferrate di tutta Italia. Non se ne accorto ne se ne accorge nessuno. Così come fino al gennaio 2010 Casaralta sia stato il più accogliente villaggio del crimine per un decennio, tra cadaveri, droga, armi e immigrati clandestini. A Casaralta si erano aggiunte nel tempo altre “case di accoglienza” nel cuore della Bolognina: le Officine Minganti, mastodontiche strutture industriali oggi evolutesi in Centro Commerciale. E proprio lì fioriscono le fabbriche e i laboratori della manovalanza cinese in un quadrilatero destinato per scelta politica ad accostare lavoro e morte, crimine e società civile.
Ma nessuno si è mai fermato e opposto con durezza a cosa accadeva. Nessuno si è “stappato le vesti”!
Per le Procure non ci saranno colpevoli istituzionali. Come sempre accaduto nella città del buono e del giusto. Chi ha perso i suoi cari in modo crudele e ingiusto adesso può anche vedere sfumare quel minimo si risarcimento che spetta loro. Si! È quello che potrebbe accadere ai familiari delle vittime dell’amianto delle Officine ex Casaralta, oggi Firema, che dal 2 agosto 2010 scorso è stata sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria per scongiurarne il fallimento. Prima dell’amministrazione straordinaria, le cause per i risarcimenti relative agli ex lavoratori del comparto bolognese del gruppo erano incardinate al Tribunale del Lavoro Bologna, adesso invece il Tribunale competente è diventato quello Fallimentare di Santa Maria Capua Vetere, città campana sede principale del gruppo. Si tratta del processo simbolo sull’amianto killer di Bologna, il primo ad essere stato avviato anche se le parti civili si erano via via sfilate negli anni: molti familiari erano stati risarciti, in via extragiudiziaria, e quindi non sulla base delle sentenze sulla Casaralta. Gli altri quattro processi, terminati tra luglio e dicembre 2009, erano procedimenti successivi al primo, aperti in seguito all’arrivo in Procura di querele o nuove segnalazioni dell’Ausl di Bologna.
Toccò però nel 16.12.2007 , per un gioco del destino , proprio al PM Lazzarini (ormai esperto di Casaralta) occuparsi del cadavere di Mohamad Etmawi, un marocchino clandestino di 24 anni, ucciso con una pugnalata al cuore, rinvenuto in un’area all’aperto fra via Stalingrado e via Casoni, verso le 6.30, da un ventenne connazionale della vittima, anche lui clandestino e con precedenti per spaccio di droga.
Secondo la stampa “L’arma del delitto, avvenuto probabilmente nelle prime ore del giorno, non è ancora stata trovata e la polizia è riuscita solo a raccogliere le testimonianze di diversi conoscenti del giovane, in particolare dei nordafricani che bivaccano nell’area dismessa dell’ex fabbrica Casaralta, poco lontano dal luogo dell’omicidio.
Per il momento, sebbene il ventiquattrenne fosse incensurato, le indagini della squadra mobile e del Pm Flavio Lazzarini si concentrano nel mondo dello spaccio di stupefacenti”.
Ma come è ovvio le vicende non stanno insieme e che questa fosse una delle tante storie di microcriminalità avulsa dal resto un dato di fatto. O forse no!? Difficile spiegarlo con le parole.
A fine Gennaio 2010, un anno fa, è partita la demolizione della struttura Casaralta e ha riguardato circa il 60% del complesso, mentre parte dei capannoni è stato usata per stoccare il materiale del cantiere edile. Le opere partono dopo due anni di bonifiche del sottosuolo e della struttura del vecchio stabilimento. Ora verranno costruiti appartamenti e uffici. E la vita potrà ricominciare allegramente dimenticando tutto quello che è successo, così quando riaccadrà di nuovo (con qualcosa di diverso) si potrà di re che non si sapeva… o che si sono appena aperte le indagini. La giustizia farà il suo corso e il “suo corso” si occuperà di noi.
Louis E. Carabini
… 27 Gennaio 2007 …Quarantotto decessi per esposizione allamianto accertati tra i circa 500 lavoratori dallinizio degli anni 60 fino a met anni 80 alla Casaralta di Bologna lex officina che si occupava della coibentazione delle carrozze delle Ferrovie dello Stato…I dati sono stati resi noti da Loris Costellati medico del lavoro dellAusl di Bologna nel corso del processo che si aperto ieri davanti al giudice Donatella Santini e che vede imputato lingegner Carlo Farina ex direttore generale della Casaralta…Laccusa omicidio colposo plurimo per la morte di 9 lavoratori stroncati dallesposizione alle fibre del minerale cancerogeno utilizzato in officina per almeno 20 anni.