PARMA E LE PRESENZE DELLA MAFIA


Bernardo Provenzano e’ stato trasferito dal carcere di Novara a quello della bellissima Parma. Lo ha stabilito la Corte d’appello di Palermo per permettere cure appropriate al boss, accogliendo le richieste del pg che si era pronunciato dopo la diagnosi dell’oncologo Oscar Alabiso, primario di Oncologia a Novara, che aveva riscontrato la presenza di un tumore retrovescicale. Nel carcere di Parma il boss sara’ seguito dal vicino istituto di cura che potra’ monitorare costantemente la sua salute. Intanto un’azienda edile in odore di mafia (il nome non è stato reso noto) ha tentato di inserirsi nei subappalti che riguardano il cantiere della stazione di Parma. Lo si evince da una nota della Prefettura di Reggio Emilia, che risale allo scorso 25 novembre. L’atto ha mostrato la sussistenza del pericolo di condizionamento mafioso, estromettendo così la società in questione.

Secondo i monitoraggi effettuati dagli organi competenti del Ministero dell’Interno, l’azienda sarebbe legata ad alcuni personaggi di Gela, i quali godono di solidi collegamenti con riferimenti emiliani e parmigiani in particolare, con cui hanno stretto legami importanti. La ditta considerata in odore di mafia si è difesa ricorrendo al Tar, ma i giudici di Piazzale Santafiora hanno ritenuti fondati gli elementi riscontrati dalla Prefettura di Reggio Emilia, e dall’ordinanza che reca la data del 10 marzo si legge testualmente che gli elementi vagliati: “non si riducono alla circostanza del rapporto di parentela ma includono profili di comunanza ed interessi“.

Contro il ricorso della ditta in odore di mafia, si sono costituiti il Ministero degli Interni, la Prefettura di Reggio, l’Azienda Ospedaliera di Verona dove la ditta stava svolgendo altri lavori, e la stessa Stu-Area Stazione spa quale committente dei lavori che è stata rappresentata dal legale Cristina Abbati.

a cura di Salvatore Pizzo

4commenti
  1. cristina

    19 marzo 2011 at 21:58

    Sarebbe interessante sapere quali sono i legami “importanti” tra “i personaggi di Gela” che “godono di solidi riferimenti emiliani e parmigiani in particolare”. Il Giudice Falcone aveva capito tutta l’importanza dei rapporti di parentela nelle modalità concrete con cui opera la mafia s.p.a. non tanto e non solo in relazione alla soggettiva consapevolezza degli “imparentati” , quanto in riferimento alla possibilità di controllo delle “opportunità” di arricchimento illecito o lecito che il parente rappresenta per la famiglia mafiosa stessa. Analizzare e disinnescare queste modalità dell’operare mafioso è di primaria importanza per la nostra democrazia ,oggi così degradata .
    Regioni esportatrici di speciali tecniche mafiose come la Sicilia , la Calabria , la Campania ( solo in parte vale anche per la Puglia), oggi esportano non solo bassa manovalanza ma sopratutto ” colletti bianchi”, che vengono a costituire un network di professionisti posizionati nei luoghi di controllo amministrativo , politico e anche giudiziario. Sono questi a rappresentare il maggior pericolo per l’Italia e per il mondo.

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  2. cristina

    23 marzo 2011 at 14:44

    Falcone raccomandava la costruzione di una banca dati sulle famiglie mafiose e le ramificazioni di parentela dirette e indirette. Aveva ricevuto la collaborazione dell’Fbi e di polizie d’oltre oceano specializzate in criminalità mafiosa . Cosa è stato fatto ad oggi per condurre in porto questo decisivo progetto? sarebbe interessante sapere quanti degli amministratori,colletti bianchi, incistati nelle amministrazioni comunali delle città del centro-nord o “luminari”del diritto , docenti nelle università italiane e presenti nei consigli di aministrazioni di società di assicurazione e finanziarie, sono imparentati ( qiundi di fatto “controllati”) con famiglie mafiose . Non è un tema su cui vale la pena indagare e fare informazione?

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  3. cristina

    28 marzo 2011 at 21:45

    Sembra quasi un “no comment”,o sbaglio? i problemi che riguardano i reati in genere e la criminalità “associativa “non sono né di destra né di sinistra , sono pre-politici .Sono ” prima” di qualsiasi definizione politica : solo una società e una civiltà che li combatte può ambire ad una politica differenziata in “destra ” e “sinistra “. In caso contrario-ed è il caso dell’Italia di oggi-, la politica è un lusso che non possiamo permetterci. Non può esserci “politica” , né “polis” dove viene meno la radice relazionale, il momento conoscitivo “disinteressato”e la conoscenza della realtà. La pseudo-critica regredisce ad uno stadio pre-politico, di “tifoseria”, di intrallazzo .

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  4. cristina

    30 marzo 2011 at 21:27

    Vorrei fare una precisazione sul mio commento precedente. Quando scrivo che la politica è un lusso che l’Italia non potrebbe permettersi , intendo dire che la distinzione tra destra e sinistra è un lusso rispetto alla situazione di degrado e di abbrutimento antropologico in cui viviamo nel nostro paese. La prima distinzione da far valere è tra persone oneste che si collocano a destra e sinistra e disonesti ,di sinistra o di destra . Vedo una chance per l’Italia solo se c’è la volontà di sciogliere le tifoserie degradanti e strumentali di “sinistra ” e di “destra”e ricompattarsi sui temi dell’onestà (intellettuale , prima di tutto) e dell’assenza di conformismo , superando l’ormai inutile e becero macchiavellismo che rovina la lucidità politica .

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