LA REGIONE EMILIA ROMAGNA E QUEL CERTIFICATO ANTIMAFIA MAI RICHIESTO


Perchè la Regione Emilia Romagna non chiede i certificati antimafia. Eccovi una storia che vi lascerà a dir poco perplessi (ne ha parlato dopo la pubblicazione sul nostro sito Gian Antonio Stella sulle pagine de Il Corriere della Sera nazionale) .

La Regione Emilia Romagna dichiara con grande enfasi nel 2010 di voler combattere la criminalità organizzata. Arriva al punto di istituire una legge. Uno dei maggiori esperti nazionali di appalti, Ivan Cicconi, la descrive così: “…completamente inutile. Chi l’ha scritta è come se fosse arrivato da Marte. Talmente ignorante della normativa nazionale, non applicata in genere, da lasciare perplessi”. Parole da non crederci! E un caso eclatante di questi giorni mostra ben peggio. La vicenda riguarda una cittadina di Ravenna, Samantha Comizzoli ed Ettore Sansavini, fondatore e presidente di Villa Maria s.p.a, la più grande holding di strutture ospedaliere d’Italia. Villa Maria ha sede a Lugo in provincia di Ravenna ed è convenzionata con la Regione Emilia Romagna dal 1978. Ha 33 ospedali in tutta Italia ma anche in Europa, 500 milioni di fatturato l’anno, più di 2 milioni di prestazioni ambulatoriali: insomma una potenza.

Tutto esplode il 6 dicembre 2009 quando Alberto Nerazzini, giornalista di Report (il programma di Rai 3) si occupa della sanità privata italiana. Sansavini, nato a Forlì, si diploma ragioniere alle scuole serali, dice la Rai. Poi decide di studiare medicina da autodidatta: “mi comprai l’enciclopedia per studiare il corpo umano” racconta lui stesso. A ventinove anni diventa direttore sanitario dell’allora casa di cura Villa Maria di Cotignola, oggi Villa Maria Cecilia Hospital. Partì con soli 2 milioni di lire. “Dove li ha trovati i miliardi per diventare proprietario del gruppo?”, chiede il giornalista. “Credo che se lo sia chiesto anche la Finanza” risponde Sansavini. Ma poi racconta il suo fiuto per gli affari e la sue capacità di valorizzare le strutture sanitarie. Alla visione del filmato, Samantha Comizzoli, presidente di diverse associazioni tra cui Ravenna Punto e a Capo, si collega ad internet e su google clicca Ettore Sansavini. E associato al suo nome trova immediatamente molte cose. Nel ’92 Villa Maria Eleonora di Palermo, in cui Sansavini aveva una partecipazione venne toccata da indagini giudiziarie antimafia. Fece clamore l’arresto per tangenti del cardiochirurgo Azzolina che agiva in accordo con due mafiosi di Bagheria. Sansavini venne anche arrestato nel ’93 per un’altra vicenda sanitaria ma poi assolto da ogni addebito nel ’99 “perché il fatto non sussiste”, disse il giudice. A quel punto la Comizzoli chiede alla Regione se la società Villa Maria sia in regola con i certificati antimafia. Alla richiesta l’Ente Pubblico inizialmente non risponde. Risponde però Sansavini con una querela per diffamazione, solo perché qualcuno ha “osato” fare una domanda. Pare una reazione spropositata. Ma secondo la legge è necessario un certificato antimafia in caso di appalti, accreditamenti, convenzioni con un soggetto pubblico per cifre superiori ai 154 mila euro. E la grande holding avrà di certo esibito la documentazione per anni, come dovrebbe essere! Ma il bello viene adesso. Poco tempo dopo l’arrivo della querela alla Comizzoli arriva la risposta della Regione Emilia Romagna. Il settore sanità sostiene che “l’accreditamento di Villa Maria è temporaneo” ma “prima della  conclusione dell’accreditamento definitivosi avvieranno le opportune verifiche di legge.

Temporaneo? Dal 1978!? Villa Maria è accreditata con la Regione da più di 30 anni, come riporta il sito del gruppo. Anche se gli accreditamenti vengono fatti anno per anno il risultato non cambia. In tutto questo tempo nessuno ha mai chiesto il certificato antimafia a Villa Maria s.p.a? Nessuno si è mai posto il problema? Come mai alla holding più grande d’Italia per strutture ospedaliere nessuno ha mai chiesto niente? Ma le regole comuni non valgono per la Regione Emilia Romagna?

Il PM del caso Comizzoli-Sansavini ha chiesto l’archiviazione della querela perché fare una domanda non è reato. Ma la signora si è vista in questi giorni portare lo stesso in giudizio perché Sansavini si è opposto all’archiviazione.

La clamorosa falla vale per questa holding e per quante altre società in Emilia Romagna?

Una grave contraddizione a cui la Regione dovrebbe dare una risposta quantomeno per dovere di trasparenza e rispetto delle leggi nazionali antimafia. Altrimenti anche il suo interessamento a fare una legge regionale antimafia sembrerebbe solo una delle tante un’operazione di marketing.

Eccovi la risposta della Regione Emilia Romagna

3commenti
  1. Pingback: Città in comune » GIAN ANTONIO STELLA PARLA DELLA NOSTRA INCHIESTA SUL CORRIERE DELLA SERA NAZIONALE |

  2. matteo

    13 aprile 2011 at 15:59

    E bravo antonio amorosi, che denuncia questi fatti che peraltro pochi conoscono.Che livello di schifo abbiamo raggiunto, anche nella regione “gioiello” Emilia Romagna!!

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  3. gaetano

    7 novembre 2012 at 14:53

    caro amico…purtroppo questo è un male diffuso!
    scrivo dalla Penisola Sorrentina e, per farla breve, sono mesi che cerchiamo di ottenere la copia di una certificazione antimafia di un grosso consorzio casertano che gestisce alcuni servizi sociali associati in loco. beh! non si è ancora riusciti a sapere se questa benedetta carta esiste o meno…

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