Totò Riina è indagato dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, come mandante della strage del rapido 904 del 23 dicembre 1984. L’esplosivo utilizzato per l’esplosione del treno di Natale è lo stesso utilizzato per l’eccidio di via D’Amelio a Palermo dove sette anni e mezzo dopo vennero uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque uomini della sua scorta. Il Rapido 904 era partito da Napoli il 23 dicembre 1984 ed era diretto a Milano. Nella galleria di San Benedetto Val di Sambro, per l’esplosione di una bomba nella carrozza 9, morirono 15 persone. Riina ha ricevuto in carcere, dove è al regime restrittivo del 41 bis, l’ordinanza in cui è indicato come mandante della strage.
Tra gli altri elementi vi sarebbe proprio il riscontro che parte dell’esplosivo è stato trasportato dalla stazione di Napoli centrale e non collocato tutto a Firenze, come si era sempre ritenuto.
Ma più volte Riina ha dichiarato che anche la strage di via d’Amelio sarebbe da imputare allo Stato italiano e ai servizi segreti. Questa posizione è stata avvalorata alla fine dell’ottobre 2010 da alcune rivelazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, il quale ha più volte riconosciuto un importante funzionario dei servizi segreti, Lorenzo Narracci, come “il soggetto estraneo a Cosa nostra visto nel garage” mentre veniva imbottita di tritolo la Fiat 126 usata nell’attentato al giudice Paolo Borsellino.
Alcuni collaboratori di giustizia hanno testimoniato che altre cosche erano contrarie all’assassinio del Giudice Borsellino subito dopo la stage di Capaci, in cui fu ucciso Falcone, ma Riina non ne volle sapere e decide di uccidere il giudice Borsellino comunque. E che le esternazione del boss sarebbero dei depistaggi e al tempo stesso dei segnali a settori delle istituzioni che collaborarono in vario modo con la mafia nell’uccisione del giudice.
L’ordinanza per il Rapido 904 è stata firmata dal gip di Napoli, Carlo Modestino su richiesta del pm della Dda, Paolo Itri e Sergio Amato, e del procuratore aggiunto Sandro Pennasilico.
cristina
“Chi potrebbe mai crederlo? V’è in Europa un certo paese ove col pubblico denaro si mantiene una moltitudine di spioni,di delatori, persino di ladri, che s’associano ai truffatori,ai borsaioli, ai briganti, per divenire delatori dei loro complici”. ( J.P.Marat:” Piano di legislazione criminale”1784). Indovinate qual’era il paese a cui alludeva Marat?
Cristina
C’è una relazione tra la strage del rapido 904 e gli attentati del 1993?In rare occasioni la mafia siciliana ha organizzato attentati importanti fuori dalla Sicilia. Uno di questi fu proprio la strage del treno 904, nel dicembre 1984, per la quale sono stati condannati Pippo Calò e altri. L’ipotesi avanzata fu però che si trattasse di un “favore” reso da Calò che era notoriamente legato alla banda della Magliana e agli ambienti dei servizi segreti. In quel periodo i capi dei vecchi servizi , Santivito,Musumeci,Belmonte, erano accusati di gravi reati connessi alla strage della stazione di Bologna.
Così scrive Alessandro Sjli: “un grosso attentato poteva rappresentare un diversivo, un avvertimento ai loro complici istituzionali, ovvero aggiungiamo noi, al limite la dimostrazione della loro estraneità (dal momento che erano in carcere o non più in servizio)alla strategia delle stragi… in realtà quell’attentato fu un’azione anomala e quindi di difficile interpretazione: non aveva le caratteristiche di un’azione di mafia..Anche coloro che attribuiscono agli attentati del 1993 una matrice mafiosa , citano tuttavia la possibilità di una “collaborazione” di altre forze , spezzoni dei vecchi servizi, massoneria, destra eversiva.Bisogna se si vuole arrivare a capire la loro matrice,chiedersi chi , in quel momento-primavera /estate 1993-poteva sentirsi minacciato al punto da ricorrere ad attentati a scopo dimostrativo ed intimidatorio.La Mafia certamente , ma sopratutto quei politici minacciati dal ciclone tangentopoli, che erano stati partecipi della struttura di potere parallelo; e con essi quei civili e militari compromessi a livello operativo, trascinati nella caduta da quegli stessi politici. Allora forse bisogna rovesciare i termini della questione e chiedersi non già di quali collaborazioni abbia beneficiato la mafia nella realizzazione di quegli attentati, ma su sollecitazione di quali forze la mafia poterebbe aver partecipato. Notiamo la coincidenza di alcuni attentati ( il 27 maggio a Firenze)con una riunione internazionale, convocata dal governo italiano , con la partecipazione di oltre 40 paesi , sulla lotta ai narcotraffici; il 14 maggio a Romacon la festa della polizia; e (il 2 giugno a Roma )con l’anniversario della fondazione della Repubblica . Sono coincidenze che , se intenzionali,assumerebbero significati simbolici in passato estranei alla strategia di mafia , più facimente rintracciabili e visibili ,come date , sulle agende di chi ha dimestichezza con gli appuntamenti politici. Inoltre è significativa la ricorrente apparizione della sigla ” Falange Armata “, una fantomatica organizzazione che , a partire dal 1990 , oltre a minacciare di morte il presidente della Repubblica , il presidente del Senato e altre personalità , ha rivendicato quasi tutti gli attentati e altri episodi di violenza verificatisi in Italia. ..Il ministro dell’interno Nicola Mancino in una dichiarazione resa in una audizione parlamentare antimafia nel maggio del 1993 ( disse):” La falange armata muove minaccie, ma solo quando è possibile servirsi degli uffici pubblici”. E nuovamente il 2 agosto, in una intervista : “Non escluderei ipotesi di strutture autonome con l’apporto di uomini che hanno fatto parte in passato dei servizi segreti”. Ma se non ne fanno più parte, come può la falange servirsi , per telefonare i suoi messaggi , di pubblici uffici? “( Malpaese. Alessandro Sjli. Donzelli Editore 1994)
L’osservazione di Sjli su quanto affermato da Mancino andrebbe completata con una ulteriore osservazione: perchè la ” falange” si è apertamente servita di telefoni appartenenti a pubblici uffici? Il messaggio è chiaro e la risposta alla domanda possiamo trovarla nelle recenti frasi di Gelli che ha pubblicamente espresso il suo compiacimento per la perfetta riuscita del piano piduista di condizionamento e controllo della maggioranza e dell’opposizione.