Il Governo italiano taglia il 20% degli stipendi del personale altamente qualificato della DIA, il Dipartimento investigativo antimafia nazionale. Il tutto mentre il fatturato annuo delle mafie italiane cresce in modo esponenziale, valutato da organismi diversi, intorno ai 170-180 miliardi di euro, uguale al di PIL di Estonia(25 mld), Romania(97 mld), Slovenia (30mld) e Croazia (34 mld) messi insieme. Eppure negli ultimi anni siamo stati abituati ai risultati straordinari della DIA sia in termini di contrasto alle cosche che di aggressione ai patrimoni mafiosi. Viene confermato lo stanziamento annuo per il funzionamento strutturale, di 4 milioni e 9 mila euro, ma che sono ben poca cosa rispetto alla potenza del crimine organizzato nel nostro Paese. La DIA si trova ad operare ridotta a lumicino in un Paese distratto e piegato dalla crisi economica. Il tutto mentre continuano arresti e fermi di esponenti del crimine organizzato.
Ma le risorse recuperabili nel campo sarebbero una fonte inestimabile per le casse dello Stato. E l’attenzione da attribuire al fenomeno è in relazione proprio a questa sua portata economica. E’ calcolato che solo il Centro Operativo della DIA di Genova, ha recuperato 17 milioni di euro in un anno. Cifra ben superiore allo stanziamento annuo del Governo per il funzionamento della DIA Nazionale. Eppure non si costruisce e investe in questa direzione. Perché?
Forse solo perché non si vuole una seria e concreta azione per la legalità e lotta alle mafie in questo Paese alla deriva. E le istituzioni preposte non ci credono fino in fondo.
Per un approfondimento consultare la pagina del sito de La casa della legalità
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