Le vere istruzioni di Grillo e Casaleggio per evitare trappole sulla fiducia


Pubblicato per  ilfoglio.it


“Volete far passare il mafioso? Ma che veramente?”.
Questo il tono delle domande rivolte dai senatori Pd a quelli del Movimento 5 stelle, marcati a uomo, il fatidico giorno dell’elezione del presidente del Senato. “Sicula Broker!”, faceva eco qualcun altro dai banchi grillini. Il Travaglio-pensiero, “Schifani ha avuto delle amicizie con dei mafiosi. Rapporti con signori che sono poi stati condannati per mafia” pronunciato a “Che tempo che fa”, è stato usato come una clava dai senatori del Pd per tutta la giornata. Sanno che da quell’orecchio i grillini ci sentono. Travaglio, che per la metafora su Schifani del lombrico e della muffa è stato condannato a pagare un risarcimento di 16 mila euro, è un argomento convincente. Ora la partita si gioca a questo livello. L’armata a 5 stelle sembra vacillare già al primo colpo inferto dall’avversario Pd che ha agito con pressing scontati, un po’ banali ma efficaci che hanno tagliato come il burro le regole marmoree del Movimento. Quello che è accaduto in Senato sarà la cartina al tornasole del rapporto con la proposta politica del governo Bersani da mercoledì in poi.

Venerdì per i senatori grillini è sparita la trasmissione della riunione via webcam ma fonti interne ci hanno spiegato la prassi d’azione adottata. Primo, linea diretta del capogruppo Crimi con Casaleggio. Secondo, fare la riunione prima del voto per decidere a maggioranza. Terzo, far esprimere a ognuno la propria posizione. Quarto, votare all’esterno sempre uniti.

Ma già prima dell’incontro tutti coloro che poi volevano votare per Grasso lo hanno manifestato, in riunione per alzata di mano e lacrime agli occhi. Così è servito a poco il diktat di Casaleggio, per bocca sempre di Crimi, rivolto soprattutto ai senatori del sud. Casaleggio che a cavallo del 2000 andava a lavoro con il fazzoletto verde di leghista memoria sembra abbia ben poca fiducia in questi.
Ma come ci ha detto uno di loro: “Scheda bianca per noi del sud sarebbe stato come sputare in faccia all’antimafia. Quando torniamo a casa come glielo spiego agli elettori!?”. E infatti i primi nomi dei dissidenti che ammettono di aver votato Grasso, Giuseppe Vacciano, Marino Mastrangeli, Elena Fattori, Bartolomeo Pepe, Fabrizio Bocchino, Mario Giarrusso e Francesco Campanella, rimbalzano sulla rete quando la situazione è già degenerata. Come sempre tutto accade solo dopo il lancio del post di Grillo che in seguito al voto al Senato richiama i suoi ad assumersi le responsabilità del gesto e quindi “a trarne le dovute conseguenze”. Hanno violato una regola sottoscritta per candidarsi e dovrebbero dimettersi. Peccato che se non sottoscrivevi quella regola, oltretutto anticostituzionale, decisa solo da Grillo e Casaleggio, non potevi candidarti.
Da giorni c’è un boom di notizie contraddittorie sulla stampa italiana. Cosa è successo nel mondo grillino?

L’unico giornale straniero che racconta la prima spaccatura del Movimento è invece il Guardian che con grande sicurezza focalizza l’attenzione sul voto grillino letto come un esplicito tradimento delle regole sottoscritte. Lo stesso Guardian dove scrive Donald Sasson, cugino di Enrico, ex fondatore della Casaleggio associati.
Ma i senatori grillini non ci stanno alla ricostruzione e rispondono a tono via Web per ore. I due leader si ritrovano nel solito bivio. Vorrebbero cacciare tutti ma non possono. Sarà l’assemblea dei senatori a deciderlo. Con il pericolo di vedersi smentiti dal risultato dell’incontro.
Vito Crimi è in ansia da giorni e le telefonate sono rimbalzate verso la base del Movimento e i vertici. Una spaccatura tra Grillo e i grillini non conviene al leader maximo per primo. Così Grillo cambia idea e sul sito appare un post più morbido: al Senato c’è stata una “trappola” e “qualcuno, anche in buona fede, ci è cascato”.

Poi la mossa di Grillo Casaleggio per spostare l’attenzione dai senatori: la nomina dei due blogger, Claudio Messora (Byoblu) e Daniele Martinelli, a comunicatori parlamentari; due influencer, come li chiama Casaleggio, già molto affini all’Italia dei valori di Antonio Di Pietro (partito per il quale Casaleggio ha gestito anche il sito e la comunicazione). E Messora è una garanzia per Casaleggio. In un suo vecchio post in rete parla proprio dell’Idv ancora nel 2011 e in questo modo “un partito che ha fatto della trasparenza, della moralizzazione e della legalità una bandiera”. Infatti sarà per questo che il programma Report della Gabanelli ne ha stigmatizzato le qualità. Alcuni parlamentari, che vogliono restare anomimi, hanno storto il naso, soprattutto per il metodo adottato sulle nomine, non condivise con nessuno e tanto meno discusse. “Si chiama democrazia dal basso perché a volte cade in basso”, ha aggiunto uno di loro.
“Più importante sarebbe stato parlare della strategia al Senato da adottare con un eventuale governo Bersani nel caso sia autorevole”, ha continuato, “Noi voteremo contro per mostrarci compatti ma…”.
Ma un senatore ci aggiunge appunto la nuova strampalata strategia che adotteranno: “Al Senato lasceremo il Pdl con il cerino in mano uscendo dall’Aula. Sarà loro la responsabilità di far cadere il governo”. Tutto qui? Sarà. Ma sembra un’altra grande mossa come quella che ha spaccato il Movimento in due al Senato. Il melodramma è assicurato.

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