Durante il rito abbreviato, il loro difensore, Carlo Alberto Zaina, del foro di Ravenna, ha sollevato una questione di legittimità per quanto concerne l’art. 73 della normativa in materia di stupefacenti, la coltivazione di stupefacenti. Citando una decisione del Consiglio d’Europa, la numero 757/gai del 2004, il “testo sacro” a livello comunitario in materia di stupefacenti ha segnato il punto: “sono punite tutte le condotte – riassume il legale – concernenti gli stupefacenti, salvo quelle che vedono un uso esclusivamente personale, laddove lo Stato ne ammetta l’uso personale, come l’Italia. Tra queste condotte c’è la coltivazione della cannabis. E in questo caso è provato l’uso personale e gli 8 grami ritrovati in casa degli imputati derivano da questa produzione fai da te”.
“La ragione della legge – ha aggiunto il legale – è evitare l’uso e il commercio di stupefacenti, in questo caso c’è una conformità allo spirito della legge, visto che si evita di alimentare le mafie. Quindi se la coltivazione è a uso personale non vedo perché punirla”.
Motivazioni accolte dal giudice. Anziché sospendere il giudizio e rinviare il motivo di legittimità alla Corte Costituzionale questi è andato oltre. E’ entrato direttamente nel merito, assolvendo gli imputati perché il fatto non è previsto dalla legge come reato (affaritaliani.libero.it/emilia-romagna)
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