Caso rifiuti tossici Hera. La macchia inquietante e i lavoratori che non sanno


I lavoratori di Hera, holding bolognese da 4,5 miliardi di euro e un utile da 181 milioni, hanno scoperto solo da qualche mese, dopo l’inchiesta di Libero, dei rifiuti tossici ritrovati sotto la sede centrale di Bologna, in viale Berti Pichat, dove lavorano.«Nessuno ci ha mai informati, lo abbiamo appreso da voi» ci dice il rappresentante sindacale della Filctem-Cgil Vittorio Rubini.

L’inchiesta pubblicata da Libero l’1 luglio ha fatto emergere il caso delle 1500 tonnellate di cianuri, naftalene, ipa e creosoti rinvenuti nel 2008. Un’inchiesta giudiziaria finita nel nulla e sparita nel dimenticatoio. Ma nelle intercettazioni della Guardia di Finanza i funzionari e dirigenti di Hera e partecipate alle prese con rifiuti tossici volevano «confezionare in fustini idonei per la termodistruzione a Ravenna», riferendosi alla possibilità di farli sparire bruciandoli.chiazza

Esploso il caso giornalistico, Patrizia Gabellini – assessore all’Urbanistica del Comune di Bologna, che è azionista di Hera – replica dicendo che «13.000 tonnellate di rifiuti pericolosi sono state trasferite negli anni da quella sede», e dunque nell’area «non c’è alcun rischio».

Eppure quei “veleni” specifici, che vanno oltre i ritrovamenti del 2008, potrebbero produrre effetti cancerogeni sulle persone esposte. Peraltro, la Conferenza dei Servizi composta da Comune, Provincia di Bologna, Arpa e Ausl ha accertato che il sito è contaminato, stabilendo un piano di bonifica.

Arpa ci dice che il piano è stato realizzato solo in parte, in sostanza è fermo al 2012. E sono spuntati nuovi focolai di inquinanti.

Molti lavoratori sono stati dislocati in uffici fuori dall’area contaminata,ma altri no. Nel progetto di bonifica di luglio 2012 vengono indicate dall’Ausl limitazioni di permanenza massima: due ore in corrispondenza dell’edificio VecchiaOfficina, tre nel parcheggio pubblico e in quello di Hera. E l’edificio denominato 4,dov’è stato realizzato un intervento dimessa in sicurezza per proteggere circa 100 impiegati,dovrà essere demolito nel 2015.

Ma proprio lì, che dovrebbe essere tutto sicuro, su una parete interna è comparsa una macchia verde che pare risalita dal terreno.

Come è possibile che non abbiate mai saputo niente dei rifiuti tossici?, chiedo a Rubini della Cgil.

«È così. Quando abbiamo letto le intercettazioni della GdF pubblicate da voi siamo caduti dalla sedia».

Ma c’è un obbligo di legge per il datore di lavoro: il testo unico sulla sicurezza.

«Sì.C’è stato un incontro dopo l’inchiesta di Libero. Dai vertici ci hanno detto che non c’è pericolo. Ma vorremmo delle certezze».

Quanti lavoratori in sede?

«Circa 650».

Vi è stato detto che in alcune aree non si può sostare più di qualche ora?

«No».

E la macchia nell’edificio 4?

«Mi risulta che il rappresentante per la sicurezza dei lavoratori abbia raccolto la segnalazione e richiesto l’intervento agli uffici preposti».

Incontriamo la dirigente Adelaide Corvaglia e suoi tecnici di Arpa Bologna: «Non siamo noi a dover informare i lavoratori. É Medicina del Lavoro dell’Ausl che va a fare i sopralluoghi ma per vedere se l’aria è contaminata».

Chiediamo a Fausto Francia, direttore della sanità pubblica dell’Ausl: non è a conoscenza delle comunicazioni del caso e comunque il loro intervento è sotto segreto istruttorio. Certo è che la notizia dei contaminanti nel terreno non è mai arrivata ai lavoratori di Hera, che continuano a lavorare nel comparto come se nulla fosse.

di Antonio Amorosi pubblicato su Libero Quotidiano nazionale l’1 Novembre 2014 a pag. 15

 

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