Una politica dell’immigrazione inesistente e da improvvisati. E un Welfare fermo agli anni ’80-’90
Il Comune a guida Pd di Bologna eroga il 55% dei fondi a famiglie provenienti dall’estero, nonostante rappresentino solo il 15% dei cittadini
di Antonio Amorosi a pag 14 di Libero Quotidiano del 14 luglio 2015
Il “Fondo per l’affitto” del Comune di Bologna, vale a dire il contributo erogato in favore di persone e famiglie che non riescono a pagare l’affitto, va principalmente agli stranieri. A questi nel 2014 è stato erogato 1 milione 132 mila euro dei 2 milioni 58 mila totali, cioè più della metà, il 55,21%, contro il 44,79% che invece finisce agli italiani. Tradotto in numeri assoluti significa: 1.181 famiglie straniere aiutate contro le 958 italiane. Contributi piccoli, in media un migliaio di euro, ma aiuti comunque importanti in questi tempi di crisi. Peraltro quello di Bologna non è un caso isolato, in Emilia. In molte città della regione gli immigrati sono aiutati più degli italiani, come a Faenza, dove viene loro assegnato il 51 % dei contributi, o a Lugo, dove si arriva al 55.
«Dati a cui preferiamo non dare visibilità» ci confida un assistente sociale del quartiere Savena di Bologna. Considerando le varie nazionalità che incassano il milione 132 mila euro del “Fondo per l’affitto” bolognese, le più sovvenzionate sono le famiglie filippine, con il 9,58% dei contributi, e quelle del Bangladesh, che si aggiudicano con il 9,30%. Subito dopo vengono romeni, con il 7,71%, e i marocchini, con il 4,86%. A seguire troviamo Paesi come Moldova, Pakistan, Sri Lanka, Perù, Ucraina, Albania, Nigeria, India, Tunisia, Polonia, Egitto, Camerun, Cina, Ecuador, Capo Verde, Eritrea.
Dati emersi grazie a un’interrogazione di Lucia Borgonzoni della Lega Nord, la consigliera diventata famosa per lo schiaffo ricevuto da una rom durante una visita a un campo nomadi. «C’è uno squilibrio incredibile – commenta proprio Borgonzoni -. Non è possibile che gli stranieri, ovvero il 15% della popolazione cittadina, arrivino a ricevere più della metà di questi fondi. Il fatto è che gli immigrati possono godere dei vantaggi di una rete di supporto molto radicata, a partire dai sindacati e dagli assistenti sociali, che crea una situazione paradossale per cui le famiglie italiane sono meno informate, e dunque meno coperte dal welfare, di loro».
Non solo. «Gli italiani si vergognano a chiedere aiuto, cercano in ogni modo di nascondere lo stato di indigenza» ci spiega un sindacalista della Cisl, che chiede di non rivelare il suo nome. «E proprio per questo il Comune deve trovare il modo di pubblicizzare di più questi aiuti anche tra le famiglie italiane» aggiunge Borgonzoni.
Tornando ai numeri, le domande complessive presentate al Comune sono state l’anno scorso 3166. Bisogna certificare un Ise di 34.308 euro e un Isee inferiore ai 17.154 euro. Una domanda su tre è stata respinta, 1027 su 3166. E poi ci sono state 229 pratiche segnalate alla Procura con l’ipotesi di falso. Anche se gli stranieri devono dichiarare le case all’estero e gli eventuali conti correnti fuori Italia, il nostro Paese non è in grado di accertarne la veridicità, tanto più con Paesi stranieri senza catasti e che per le verifiche bancarie chiederebbero complesse rogatorie, cosa che nessun magistrato farà per 1000 euro di contributo.
Per tutto il giorno proviamo a contattare il segretario del Pd Francesco Critelli, che si nega più volte. L’immigrazione è solo una risorsa. Sull’argomento arriva dal Comune la voce dell’assessore alle Politiche abitative Riccardo Malagoli: «Poco importa la loro nazionalità, l’importante è che siano residenti a Bologna e paghino le tasse qui». Il Comune di Bologna sta infatti aumentando il suo numero di residenti proprio grazie ai cittadini stranieri. I bolognesi non si tesserano più col Pd, gli stranieri forse si… e affollano le primarie. Sarà un caso?
Marina Pirazzi
Sig. Amorosi,
sebbene di orientamento politico diverso dal suo, scorro spesso le notizie del suo blog perchè comunque mi danno una visione diversa da quella alla quale sarei inevitabilmente vocata. MI dispiace però quando lei offre notizie il cui commento è unicamente fazioso e non ragionato. Mi tengo breve e le faccio qualche domanda spicciola: 1) non sarà il caso di chiedersi se queste famiglie straniere ricevono i contributi perchè ne hanno diritto (come d’altronde si intuisce dal laconico commento di Malagoli che lei cita?) e cioè sono più povere degli italiani che ne fanno domanda? il criterio di assegnazione potrà mai essere, chiedo a lei che è senz’altro persona intelligente, la proporzione con la numerosità degli stranieri in italia? o non dovrà essere piuttosto la rispondenza ai requisiti per l’accesso che, è dimostrato, cercano in tutti i modi di favorire gli italiani? 2) posto che alcuni di questi stranieri potrebbero, come accade ainoi a moltissimi italiani, dichiarare il falso, cosa dunque significherebbe ciò a fronte di una popolazione italiana che evade le tasse sistematicamente appena riesce a trovarne il modo? semplicemente che i controlli sulla veridicità delle dichiarazioni deve essere rigorosa come si conviene, nei confronti di tutti coloro che “sembrano” godere dei requisiti per l’accesso 3) mi chiedo che professionalità abbiano le persone dei servizi sociali e della CISL che hanno rilasciato quelle dichiarazioni. Mi sembrano veramente degli incompetenti. Ecc., ecc. Consiglio a loro e a lei la lettura del D.Lgsl 215/2003 e del TU sull’immigrazione artt. 43 e 44 per capire che tipo di ingiustizia è la discriminazione e perchè bisogna evitarla.
Cordialmente,
Marina Pirazzi
Antonio Amorosi
Grazie della risposta intanto.
Semplicemente con l’articolo ho raccolto dei fatti e la voce di chi si è reso disponibile a parlarne.
Questi sono i dati. C’è poco da fare.
Ora alludere che io faccia della discriminazione o sia fazioso mi sembra azzardato.
Sono nato in Germania in un periodo in cui quel Paese cresceva dell’8- 10%. Evito il piagnisteo e la sofferenza, il lato umano che tanto va di moda, sulle condizioni di vita di tanti italiani (compresi i miei nonni, genitori e zii) e dove aspettavano in quarantena il permesso di soggiorno. Ma la possibilità di avere un accesso in quel Paese era legata alla presenza di una richiesta del datore di lavoro ben specifica. Altrimenti si veniva espulsi di forza e realmente. Non continuavi ad aspettarti altri 20 decreti come accade oggi in Italia, deambulando per un Paese non si sa a fare cosa.
Il processo era regolato sulla base delle disponibilità di quote determinate dal mondo del lavoro (con i richiedenti ben delineati e neanche sulla base di stime). Non come accade oggi in Italia che siamo lontani anni luce anche da questa modalità che è di 40 anni fa ma più moderna del pressappochismo italico.
Non era presente un business possibile, come non dovrebbe essere neanche oggi, sullo stile Buzzi (che è un business di massa)
Questo per riuscire a regolare dei processi e delle aspettative. Infatti una politica di integrazione dipende sempre dalle condizioni economiche in cui è il Paese che accoglie. Proprio per evitare problemi, discriminazione, ghetti e difficoltà.
Questo non esclude la possibilità di politiche di discriminazione. Ma le riduce. Mi lasci poi dubitare che alle soglie del 2020 queste siano legate al colore della pelle della gente e non alle condizioni economiche generali. Poi la follia è comunque esistente ma mi pare si manifesti come nicchie più o meno irrilevanti .
E’ così pericoloso conoscere questi dati e cosa dicono gli addetti
ai lavori, i politici e chi fa assistenza? Non credo che queste voci possano essere così nocive. Non capisco poi a quale mio orientamento politico faccia riferimento.
Se lo ha capito lei me lo dica perché c’è chi dice che sono di destra, chi un grillino, chi un estremista di sinistra, chi del Pd. A seconda di qual’è l’oggetto dei miei articoli.
Credo però che l’Italia non abbia alcuna politica di immigrazione né si renda conto di che cosa comporti una gestione come quella attuale, senza pianificazione ne razionalità, per quel che ne rimane del welfare nazionale
Avranno sicuramente tutti titoli le famiglie immigrate che hanno richiesto il fondo. Ma visto che lei è così attenta ai dati può mettere a confronto quante famiglie bolognese (stiamo parlando di questo ma l’esempio si può allargare) ne hanno diritto per le loro condizioni (dati Istat), per notare la mole esorbitante di chi non richiede il fondo (per tutta una serie di motivi accennati anche l’articolo).
Nel fondo per l’affitto poi non vedo quali favori abbiano gli italiani, visto che non è richiesto esserlo ma si parla solo di residenza e condizioni economiche.
Il fondo, come tanti altri fondi italiani, è solo una cassa aiuti senza prospettiva né strategia. Serve solo ad allentare lievemente e invisibilmente il mercato dell’affitto. Intanto diamo qualcosa. Domani si vedrà. Come si fa tutto in Italia.
Poi se parliamo di evasione delle tasse penso che ci siano interi comparti che, anche se sono delle grandi holding, questa evasione possano praticarla per legge in Italia… quindi non saprei dove porta il suo discorso.
Non è una questione di nazionalità. Credo che coloro che dai loro nonni e bisnonni abbiano contribuito con le tasse, quelle che cita lei, alla costruzione del welfare nazionale abbiano qualche diritto in più rispetto a chi è arrivato ieri. Non per cattiveria o disumanità. Ma perchè la ricchezza disponibile è sempre limitata e quindi va organizzata sulla base del numero dei richiedenti. Se il numero di richiedenti in un sistema economico che cresce in modo inesistente da 15 anni aumenta non si avrà che un depauperamento delle risorse. Tanto più se l’immigrazione non è regolata.
O è solo una questione umana? Perché se è solo una questione umana in Africa abbiamo circa 1 miliardo di persone che vivono condizioni di povertà e difficoltà. Vogliamo accoglierle tutte? Bene. Con la consapevolezza che non serviranno neanche questi numeri e neanche troppo tempo a far collassare quel poco di welfare che abbiamo. Vista anche la nostra crescita economica. Basta semplicemente recarsi presso i pronto soccorso di ogni città e vedere in che condizioni operano e quale popolazione accolgono, o l’accesso ai vari fondi di sostegno. Ma si tratta di scelte.
Ecco un piccolo e innocuo esempio di scelte, neanche prettamente economiche, che può aiutare a capire anche meglio le altre. La Svezia ha scelto negli ultimi 20 anni di accogliere in modo indiscriminato molta popolazione islamica. Ora a distanza di anni si ritrovano alcune spiagge dove si praticava il nudismo da sempre, frutto delle proprie scelte culturali, chiuse. I nudisti offendono gli islamici. I giudici danno ragione alle comunità islamiche che in quelle zone sono diventate maggioranza. Bene.
La vita infatti è fatta di scelte, singole e collettive.
E queste scelte hanno sempre della conseguenze.
Mi permetta solo di raccontarle.