di Antonio Amorosi a pag.10 de La Verità del 21 ottobre
La fine della borghesia italiana non è un pranzo di gala e non è indolore. La storia del magnate Marino Golinelli e della sua impresa, Alfasigma, ne può essere l’emblema paradossale. Non c’è balsamo o medicinale a consolarci dalla paura.
«I ragazzi di oggi vedranno un pianeta dove il welfare sarà un ricordo, gli ospedali non saranno certo quelli di oggi… saremo dieci o undici miliardi che avranno bisogno di case, cibo, acqua, salute». Parola di Marino Golinelli, pioniere della farmaceutica. Golinelli è nato a San Felice sul Panaro in provincia di Modena, da padre e madre contadini poveri del dopoguerra. Ma ha saputo cambiare la sua vita creando l’impresa farmaceutica Alfa, oggi diventata Alfasigma, terzo gruppo farmaceutico italiano con 2800 dipendenti e 1 miliardo di fatturato nel 2016. Ma dallo zucchero comprato al mercato nero nel dopoguerra ai viaggi nella nebbia emiliana, per portare lo sciroppo in città, di tempo ne è passato. Sono arrivate le acquisizioni di imprese come Schiapparelli 1824 e Wassermann e – nel 2015 – di Sigma Tau. E prodotti di grande successo quali il Vessel contro le trombosi, il Normix per la prevenzione dei tumori nell’intestino, il Fluxum contro le emorragie, l’Esoxx, protettore della mucosa esofagea, il Reumaflex per la cura dell’artrite reumatoide. Così come l’ascesa per la famiglia al rango di borghesia illuminata e intelligente.
Da qualche anno Marino, che oggi ha 95 anni, è diventato anche filantropo donando 85 milioni di euro del suo patrimonio personale per formare i cittadini del futuro e «ridare alla società almeno in parte ciò che ha ricevuto». Perché la questione è semplice: occorre capire come sarà questo mondo globale senza confini per realizzare le soluzioni adatte.
Dall’idea nasce nel 1988 la Fondazione Golinelli e negli anni recenti l’Opificio Golinelli a Bologna, una cittadella della conoscenza e della cultura: 14000 metri quadri ottenuti dalla ristrutturazione di una fonderia che accoglie iniziative per 150.000 persone l’anno. Una struttura ad alta tecnologia per insegnare a riflettere ed ideare, dedicata sopratutto ai più giovani, forse unica in Europa, per comprendere come fare impresa, ricerca, arte, cultura e poter vivere nel mondo che verrà. Per ridare speranza alla comunità che lo ha arricchito. E consentire così di fare anche tanti affari a tutti.
«Sono il più giovane in famiglia», sussurra agli amici Marino, tra il divertito e il preoccupato.
L’impresa Golinelli sembrava la prova di come nel primo mondo si potesse far convivere successo, fatturati, lavoro, investimenti e «ritorni» etici. Golinelli è amato e celebrato a Bologna, dalle istituzioni agli enti locali, fino alle associazioni, sindacati, giornali di destra come di sinistra. Marino è presidente onorario di Alfasigma e il figlio Stefano la dirige.
Nelle scorse settimane però Alfasigma ha lanciato un piano esuberi di 456 dipendenti in forze a Milano (299), Pomezia (138), Alanno (13) e Bologna (6). Resteranno tutti a casa. Tutti posti di lavoro che spariranno dall’Italia.
Alfasigma si è già lanciata in Paesi dove è ancora possibile fare impresa come gli Usa (ad alto tasso tecnologico) o in quelli in via di sviluppo di prima fascia quali Russia, Cina, paesi dell’est Europa, Messico e sud America.
Chi si aspettava il sindacato sul piede di guerra è rimasto deluso. Un comunicato in sordina è stato emesso a inizio settembre. Ma nessuno sembra permettersi di accampare questioni. Ironia della sorte la Uil con il segretario nazionale Carmelo Barbagallo ha addirittura partecipato il 28 settembre scorso all’iniziativa di Opificio Golinelli: «Giovani e lavoro: quale futuro?». Con lui il sindaco Virginio Merola e il governatore Stefano Bonaccini.
Più delle solite parole di politici e sindacalisti quale futuro ci sia in Italia lo fa capire il piano industriale di Alfasigma. In Italia non si intravedono prospettive di crescita vista l’«incertezza legata alla forte instabilità politica… la spesa farmaceutica nazionale è inferiore del 30% agli altri grandi Paesi europei (con prezzi inferiori, ndr) … il settore è inoltre caratterizzato da continue e diverse misure di contenimento della spesa». A questo aggiungiamo che le acquisizioni che hanno portato ad Alfasigma hanno prodotto dipendenti doppioni e la scadenza di alcuni brevetti procurerà «una perdita di fatturati di 40 milioni di euro». Per tanto meglio andare in mercati emergenti, sapendo che quello italiano è una palude, un’odissea anche per chi ha grandi capitali. E non avere così effetti imprevisti o peggiori in futuro.
Poche parole scritte per esprimere una cesura irreversibile tra vecchio e nuovo mondo.
Non siamo di fronte alla classica frattura generazionale tra padre e figlio. Il primo che ha costruito l’impero uscendo dalla guerra e il secondo che cerca di fare i soldi facili. No. Ma di fronte a un’Italia che non è più un luogo di investimenti per la borghesia nazionale anche «illuminata». Un terreno che per condizioni resta solo a chi vi è costretto. Più facile e meno rischioso è guardare altrove, dove creare lavoro è semplice e il contesto istituzionale ti aspetta a braccia aperte. Facile a farsi anche se è brutto a dirsi. Perché il lavoro non si crea con i buoni sentimenti.
Ps
E ieri, 6 novembre, i sindacati hanno indetto otto ore di sciopero e manifestazioni sotto la sede dell’azienda a Bologna.
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