In prima pagina e a pag 15 del quotidiano nazionale La Verità l’inchiesta su FICO Eataly World, la Disneyland mondiale del cibo sotto l’inceneritore
di Antonio Amorosi
Da oggi, per quelli di sinistra, l’inceneritore è un impianto biologico, buono e bello. Perché?
Perché vicino ci fa il grano Oscar Farinetti. Non il «grano» metaforico, quello c’è sempre. Ma il grano vero delle coltivazioni. Contro questo inceneritore non ci saranno le solite manifestazioni ambientaliste.
Apre a Bologna il prossimo 15 novembre FICO Eataly World, la Disneyland mondiale del cibo e dell’agroalimentare. Uno spazio di 100000 mq dove si coltiva e si produce, si seguono gli alimenti dal campo al ristorante per favorirne la tracciabilità e capire cosa si mangia. Ci saranno uliveti, vigneti, allevamenti ed ogni ben di Dio. Peccato sia situato a circa un chilometro e mezzo dall’ inceneritore del Frullo, uno dei più grandi dell’Emilia Romagna e di proprietà della multiutility Hera.
«Neanche sapevo ci fosse un inceneritore», dice Farinetti al telefono quando lo chiamiamo. Siamo nel 2014 e il progetto è ancora in itinere. «Lei è il primo che me ne parla. A pelle direi che visto che sono state fatte una moltitudine di riunioni su ‘ste cose, strano che non sia uscito… lei è il primo, ora voglio cercare di capire». Poi aggiunge: «Se fosse vero magari può essere la motivazione per chiudere l’inceneritore… chi lo sa!». Sottolineando che il problema esiste. Strano non lo sapesse visto che la vicepresidente di Eataly dal 2013, è Tiziana Primorì, dal 1996 con incarichi direttivi in Coop Adriatica (forte azionista di Eataly), oggi Ad di FICO e fino ad aprile 2017 nel cda di Hera, proprietaria dell’inceneritore.
Bernardo Caprotti, il praton di Esselunga, diceva di Farinetti che «è un chiacchierone formidabile, vendeva frigoriferi e ora ci insegna cos’è il food, è l’oracolo… riesce ad ottenere tutto gratis». Lo ha fatto a Torino dove è riuscito ad avere gratis per sessant’anni la sede della Campari, dal sindaco Chiamparino, e ora lo ha fatto a Bologna. Infatti i compagni emiliani hanno messo a disposizione di FICO, con una cessione gratuita, le strutture del Caab, ex centro agroalimentare, del valore di 55 milioni di euro. 100/120 milioni quelli complessivi con i privati. E Farinetti «deve solo piazzare i suoi quattro scaffali. Un grande…», ripeteva con ironia Caprotti.
Sarà veramente un «grande» o questa volta qualcuno è stato «più grande» di lui?
Perché il biologico e l’alta qualità ora si faranno sulle terre di FICO che da 40 anni ricevono le ceneri al cadmio dall’inceneritore e altri metalli pesanti. L’inceneritore del Frullo emette livelli di cadmio per una quantità «da 3 a 10 volte superiori a quelli riscontrati negli altri siti (negli altri inceneritori, ndr)», scrivono in uno studio del 2012 gli oncologi dell’associazione Medicina Democratica. Il cadmio, si sa, è cancerogeno per l’uomo, come attestano da anni lo IARC (Agenzia internazionale sul cancro) e il Programma nazionale di tossicologia degli USA.
L’inceneritore, attivo sin dal 1973, e come scrive Hera anche sul suo sito, smaltisce rifiuti solidi urbani speciali e «pericolosi, catalogati anche come sanitari contagiosi», non è nuovo a polemiche nella sinistra intorno a Farinetti. Nel 2013 il governatore dell’Emilia Romagna, Vasco Errani, “cacciò” l’ex assessore regionale all’Ambiente, Sabrina Freda, che affermava: «Anche i dati dello studio regionale Moniter non sono rassicuranti». Voleva ridurre i rifiuti speciali inceneriti.
E gli oncologi avevano certificato «la possibilità di un aumento dei rischi di malattie tumorali a fegato, pancreas, vescica, colon, linfoma non-Hodgkin, polmone, ovaie, nonché aborti spontanei, nascite pretermine, malformazioni fetali, malattie cardiovascolari e respiratorie».
Ma torniamo alla telefonata con Farinetti, anzi alle telefonate di tre anni fa. Perché dopo la prima, Farinetti chiede al Comune. Ci risentiamo ma ora la questione non sembra più smuoverlo e minimizza: «Deve chiedere al Comune…tutti quelli che ho interpellato mi dicono che le analisi sono negative».
«Ma sono gli stessi che non le avevano detto dell’inceneritore», replico.
Farinetti: «Ma perché evidentemente non lo riteneva (il Comune, ndr) un problema. Perché si devono dire i non problemi? Qui in Italia se diciamo i non problemi poi sa…».
Io gli ricordo dello studio degli oncologi di Medicina Democratica e lui: «Io… se c’è un inceneritore che fa male alla salute di sicuro non apro perché sarei un delinquente…». E mi suggerisce di parlarne col Comune.
Ma FICO è al centro di un bel conflitto d’interessi.
Sorge sull’area del Caab, una controllata del Comune di Bologna che è anche primo azionista della multiutility Hera, che a sua volta è proprietaria dell’inceneritore. La Regione Emilia Romagna, azionista anch’essa del Caab, nomina e controlla Arpa, l’agenzia che rileva le emissioni dell’inceneritore. Tutti da sempre guidati da ex comunisti ora Pd. E tanti, anche in buona fede, hanno investito nel progetto di Eataly: banche, imprenditori, associazioni di categorie, da destra a sinistra, giornali locali inclusi.
Si, perché Farinetti è «mezzo imprenditore e mezzo santone», come racconta in uno dei suo show il comico Maurizio Crozza. Famoso per aver rivelato, e queste sono parole di Farinetti, «il segreto della fortuna o algoritmo del culo»: «Raccontare solo le robe mooolto belle che ti accadono».
Forse i suoi amici e collaboratori lo avranno preso alla lettera e gli hanno raccontato solo le cose «mooolto belle» del Caab. Visto che non sapeva dell’inceneritore e dei suoi fumi. Ma come ha fatto a non notarli? Oppure Oscar ha messo in pratica un’altra sua parabola: «Il grande salto dall’essere buoni all’essere giusti è l’abbinamento con la furbizia. Se riusciamo a essere furbi e coraggiosi diventiamo giusti»
Ecco il nuovo miracolo italiano che vedremo a Bologna da FICO. Un’area vicino ad una fonte inquinante diventa una valle profumata e fertile e il cadmio un balsamico per i milioni di turisti attesi da tutto il mondo. «This is money», diceva Caprotti parlando della «narrazione furba» di Farinetti. Ed è proprio il caso di dirlo: E’ il miracolo più FICO del mondo.
(articolo del 8 novembre) e qui su AFFARITALIANI.IT
PS.
In questi giorni si è detto tanto su questo tema ed anche alcuni asini che si fingono esperti hanno preso la palla al balzo per un pò di visibilità.
Primo punto. Per gli asini che non vogliono capire e che il buon foraggio aiuta a non avere dubbi, l’articolo qui sopra in sintesi dice questo: sugli inceneritori gli oncologi (e non solo loro) dicono che fa male entro certe distanze e lo supportano con dati e rilievi che l’autore ha vagliato (uno studio a commento di un’analisi e sintetizzato in 37 cartelle). Ma comunque la pensiate sull’inceneritore il fatto rilevante è che non si produce cibo di alta qualità e biologico di fianco. Ma in un luogo incontaminato o che si avvicini il più possibile a questi standard.
Secondo punto. Un rilievo tecnico, in qualsiasi campo venga fatto, dipende da dove posizioniamo gli strumenti che lo eseguono e da come questi vengano tarati. Per questo motivo un fattore non trascurabile è l’indipendenza di chi lo esegue. Hera ed Arpa non sono di certo organismi indipendenti.
Un caso storico a titolo esemplificativo per capire cosa si sta dicendo: una pericolosa terrorista è detenuta in carcere, in isolamento. Ma viene inspiegabilmente trovata impiccata. Come è potuto accadere se nella cella non c’era nulla? Le autorità che ne detenevano la custodia e il suo Stato non hanno alcun dubbio: parlano incontrovertibilmente di suicidio. Finché non viene istituita una commissione estera indipendente che dopo lungo analizzare non riesce a dimostrare molto di più, se non il fatto certo che la terrorista è stata “impiccata” quando era già morta. (sic!) Qualcuno l’ha uccisa prima. Della serie: se chiedi all’oste quanto è buono il suo vino….
Su Hera e Arpa ho già scritto ampiamente e una breve sintesi (prima che un programma di Rai 3 nazionale coprisse la storia dopo aver finto fuoco e fiamme) la trovate qui e qui.
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