RICICLAGGIO PALERMO-BOLOGNA: UNA STORIA NELLA TRADIZIONE


Torna alle cronache il mai dimenticato imprenditore Giovanni Costa. Centinaia di milioni di euro posti sotto sequestro e una condanna sulle spalle a nove anni per riciclaggio, accusa per la quale è in corso il processo d’appello. Costa, 56 anni, palermitano trapiantato a Bologna, compare nell’elenco delle persone che la Procura di Palermo deve interrogare in questi giorni, insieme al dichiarante Gaspare Spatuzza, sulle presunte collusioni mafiose del presidente del Senato Schifani che sentitosi diffamato da quest’ultimo l’ha querelato.
“Lui era il mio consulente, la persona che mi consigliava, quello che riusciva a mettere le carte a posto controllando i documenti con i quali chiudere affari senza avere problemi” ha detto Costa. Questa volta il dito contro il senatore eletto nel collegio di Corleone non lo punta un ex sicario come Gaspare Spatuzza, bensì un imprenditore che in passato avrebbe avuto contatti con la mafia palermitana e da anni si è trapiantato a Bologna dove ha portato avanti società immobiliari, assicurative e di costruzioni.
Il giro d’affari gestito da Costa fra gli anni Ottanta e i primi Novanta era enorme e su questo patrimonio i pm puntarono le indagini accertando che si trattava, in parte, di riciclaggio. Una macchina costruita ad arte per «lavare» i soldi sporchi della mafia. Fiumi di denaro della malavita palermitana ripuliti sotto le Due Torri. Un meccanismo «classico». Anni prima Costa era stato arrestato nel crack Urafin, la finanziaria collegata all’ ex presidente del Bologna calcio Tommaso Fabbretti.

Costa, casa in centro a due passi dalla Questura, la sede di tre società che si occupano di immobili, assicurazioni e costruzioni in via Galliera e una lunga relazione con la figlia di uno degli imprenditori più chiacchierati di Bologna: la Guardia di Finanza diceva che erano paraventi per affari illeciti. Costa ha sempre negato i contatti con la mafia. Secondo la Finanza, Giovanni Costa e sua moglie avevano riciclato i soldi provenienti dalle attività di Cosa nostra e dalla truffa ideata da un altro personaggio dell’epoca, Sucato, detto “il mago dei soldi”, questo sì mafioso ma finito carbonizzato. Gli affari più consistenti della coppia ebbero Bologna come sfondo.

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