E’ stata approvata dalla Regione Emilia Romagna il 23/11/2010 un disegno di legge di iniziativa antimafia.
(disegno denominato Disposizioni per la promozione della legalità e della semplificazione nel settore edile e delle costruzioni a committenza pubblica e privata)
Buone intenzioni ma strumenti inesistenti. Una foglia di fico.
Siamo infatti ancora fermi alle intenzioni e ad osservare il fenomeno.
Già 15 anni fa, nel 1995, il Dipartimento Investigativo Antimafia aveva segnalato alle Istituzioni locali la presenza di più di 2000 tra boss e affiliati in Emilia Romagna.
La Regione cosa fece? Predispose degli studi, una ricerca e delle relazioni sulla sicurezza che semplicemente prendevano atto del problema.
Gli arresti di questi giorni di boss della ‘ndrangheta come Nicola Acri, le rivelazioni dell’imprenditore Gaetano Saffioti sulla mimetizzazione della criminalità a Bologna o le ultime relazioni del ministero degli interni sul controllo criminale dei Casalesi di spazi economici in Regione ne sono la prova.
Oggi siamo giunti a una legge regionale ma il contenuto come 15 anni fa non cambia: buoni propositi, linguaggio generico e assenza di misure e direttive concrete.
Per iniziare a contrastare la criminalità organizzata nei cantieri, su cui si concentra principalemnte il dispositivo regionale, basterebbe far rispettare le leggi già esistenti come il codice dei contratti pubblici (Decreto legislativo 163, art. 118, comma 11), che obbliga gli appaltatori e le committenze alla trasparenza, obbligo su cui le Istituzioni Pubbliche in Emilia Romagna sorvolano e non adottano strategie puntuali. Come sostiene da anni uno dei massimi esperti italiani di appalti, Ivan Cicconi (consulente nazionale del settore anche per la stessa Regione Emilia Romagna).
E’ questa una norma fondamentale per contrastare il lavoro nero e le illegalità nei cantieri e che permetterebbe la trasparenza e la tracciabilità di tutti i flussi di denaro del settore.
La legge appena approvata è il sintomo della fragilità delle Istituzioni locali; simboleggiata anche dall’assenza di un centro operativo della DIA Regionale (Direzione Investigativa Antimafia) e dal dato significato che quasi tutte le inchieste giudiziarie ed operazioni di contrasto alle ramificazioni delle organizzazioni mafiose in Emilia-Romagna sono effettuate da Direzioni Distrettuali Antimafia di altre regioni.
Questo della criminalità organizzata è un problema più alto che va al di là delle divisioni politiche.
Amaramente ci troviamo a chiedere come uscire da questa impasse politico-amministrativa in cui gli strumenti sono fragili e l’attenzione non è all’altezza della portata del fenomeno.
Col nuovo dispositivo nella sostanza non cambia niente. E’ l’ennesima foglia di fico che non fa emergere il problema.
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