Il Pd celebra la dittatura eritrea poi manifesta contro se stesso


Pasticcio del Comune di Bologna, che patrocina la festa voluta dal regime eritreo da cui scappano a migliaia. Sgridato dai profughi, si scusa: ma è tardi.

«I morti di Lampedusa non li ha presi con sé il mare, loro sono vittime della nostra indifferenza e cinismo. Per loro, abbiamo acceso oggi centinaia di candele  impegnandoci affinché non accada mai più»:

così proclamava poetico sul suo sito l’assessore alle Relazioni Internazionali del Comune di Bologna Matteo Lepore, il 5 ottobre 2013, dopo la morte di 366 profughi a Lampedusa. Erano principalmente eritrei scappati dal dittatore Isaias Afewerki…

Se vuoi leggere l’articolo di Antonio Amorosi lo trovi in edicola su Libero Quotidiano del 8 luglio 2014 IN PRIMA PAGINA

Aggiornamento ore 21.20

Ribka Sibhatu, scrittrice e attivista di EritreaDemocratica, aveva denunciato:«Afewerki è l’Hitler eritreo». Peraltro, non c’è eritreo che non conosca la rossa Bologna. Fu il sindaco comunista Renato Zangheri che diede alla comunità, in fuga dalla guerra civile contro gli etiopi, la possibilità di organizzare il proprio festival nazionale.

Quando nel ’93 il leninista Isaias Afewerki andò al potere, la kermesse si trasferì in Eritrea e si chiamò “FestivalBologna”.

Laggiù non si è mai più votato per vent’anni, i diritti dell’uomo sono violati sistematicamente, il servizio militare è obbligatorio per uomini e donne e dura dai 18 ai 50 anni – vale anche per i bambini tra i 15 e 16 anni che completano la scuola al campo militare.

L’Onu parla di repressioni brutali e uccisioni extragiudiziali, Amnesty International di «torture e maltrattamenti all’ordine del giorno». Sarebbero 10 mila i detenuti politici in 360 prigioni sotterranee.

La faccenda torna a Bologna qualche mese fa, quando il Comune e Made in Bo, la società che gestisce il Parco Nord (sede storica delle feste dell’Unità), vengono contattati da esponenti della comunità eritrea per organizzare dal 4 al 6 luglio il “Festival Bologna-Eritrea”.

L’evento, con tanto di servizi sulla tv di Stato del regime eritreo, è sponsorizzato proprio dal governo di Afewerki per rafforzare la propria immagine all’estero. Uno che nelle piazze lo vedi sfilare mentre si fa baciare la mano dai sudditi.

E comunque, il Comune concede disponibilità e patrocinio.

Annunciato l’evento, però, si scatena sul web un appello del Coordinamento Eritrea democratica per fermare la kermesse del dittatore, ma orma non c’è niente da fare.

Prima le proteste al ParcoNord, poi nella centrale piazza Maggiore. «Eravamo convinti che si trattasse di una normale festa locale della comunità eritrea di Bologna, per questo avevamo dato il via libera – ha poi spiegato l’assessore del Comune Amelia Frascaroli, ritirando il patrocinio.

«Siamo in imbarazzo e dispiaciuti, visto che la nostra realtà è sempre stata attenta e sensibile alla difesa dei diritti umani: quando ci è stato posto il tema era troppo tardi» aggiunge Lele Roveri, uomo del Pd ed ex organizzatore delle Feste dell’Unità che controlla la società che gestisce Parco Nord.

Ormai c’è un contratto di 15mila euro firmato con gli organizzatori. E così, alla due giorni si ritrovano in presidio permanente circa 500 manifestanti, eritrei profughi e italiani di Sel, sventolando bandiere svizzere, norvegesi, tedesche e greche.

Nella prima notte «sette o otto persone sono scese da un camion e hanno picchiato due di noi, uno è stato colpito alla testa», raccontato un profugo. E nell’ultimo giorno un’auto, con a bordo tre persone, ha sfondato il presidio investendo un manifestante, con l’auto colpita con bastoni e sassi, e il lunotto posteriore abbattuto mentre la polizia in assetto antisommossa non distingueva gli uni dagli altri.

L’assessore Amelia Frascaroli ha preso la parola in piazza Maggiore davanti a 200 profughi eritrei arrivati da tutta Europa: «Vi dobbiamo delle scuse. Abbiamo disimparato tutti a interessarci delle condizioni degli altri popoli. Anche molti partiti, molti membri della società civile. E questo lo dico con rimorso».

Risultato? Due giorni ad alta tensione con il lascia passare al dittatore eritreo, e il Comune che prima dà il patrocinio e poi, in sostanza, manifesta contro se stesso.

«Il Comune ignora la realtà e fa campagna pro immigrati per partito preso, questi sono i risultati»ci dice uno dei profughi stremato dal presidio.

«Bella città la nostra, trova sempre spazio per ciò che di non buono c’è nel mondo», commenta la consigliera leghista Lucia Borgonzoni. Dittature comprese

 

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