Sindaco di Bologna Merola condannato in via definitiva, ma anche Renzi e Gnassi…


di Antonio Amorosi a pag. 8 de La Verità del 27 agosto 2017

Condanna definitiva per il sindaco di Bologna Virginio Merola, giunta e due dirigenti. Nel 2011 il sindaco aveva nominato un ottico solo con la terza media a suo capo di Gabinetto ma con uno stipendio illegittimo da dirigente pubblico di 67.162,72 euro annui. Dopo la condanna in primo grado della Corte dei conti arriva ora quella definitiva. Il caso era stato originato da una mia inchiesta giornalistica (che trovate qui sotto) pubblicata sul quotidiano Affaritaliani.it. e che portò alle dimissioni immediate del capo di Gabinetto, Marco Lombardelli.

BOLOGNA: IL FAVOLOSO MONDO DI MEROLAND!

Stipendi così corposi sono previsti solo per i dirigenti laureati e inquadrati nella categoria D del pubblico impiego. Ma fatte le verifiche tecnico dirigenziali, la giunta comunale accetta la proposta di Merola e il contratto venne siglato. Occorre però avere almeno la laurea come titolo di studio minimo. Marco Lombardelli oltre ad essere stato consigliere comunale Pd ed organizzatore di feste dell’Unità non aveva né l’esperienza amministrativa né il titolo di studio.

Sollevato il caso nascono polemiche sui giornali locali e sui social network. La giunta si difende con l’assessore Matteo Lepore sostenendo che Lombardelli avesse un diploma da ottico conseguito molti anni prima. In verità quel titolo di studio equivale ad un’abilitazione simile a quella dei parrucchieri. Lombardelli si dimise a scandalo scoppiato. Ma, a sua difesa scrisse a La Repubblica che il Comune era in realtà consapevole del suo titolo di studio mancante. Il caso arrivò alla Corte dei conti (grazie alle consigliere comunali di opposizione Federica Salsi, allora del Movimento 5 stelle e Lucia Borgonzoni, Lega Nord) e i giudici condannarono sindaco, giunta, direttore del settore personale, Giancarlo Angeli e il capo dipartimento organizzazione Anna Rita Iannucci a pagare 30000 euro di danni e anche per colpa grave. Si noti che la condanna definitiva per colpa grave può imporre le dimissioni immediate a chi la subisce. Il danno erariale ammonta a soli 30000 euro perché Lombardelli si era dimesso dopo sei mesi circa dalla nomina.

Ma Merola, la giunta e i dirigenti si opposero alla condanna di primo grado andando in appello, dove sono stati condannati definitivamente il 12 luglio scorso. Dalla sentenza scompare la colpa grave per i politici, colpa che sarebbe imputabile solo ai dirigenti: Angeli è già da tempo in pensione e Iannucci ci andrà fra qualche mese. Dovranno tutti pagare complessivamente 30000 euro ma con conseguenze inesistenti sulle carriere. Lombardelli dopo le dimissioni è stato assunto dall’assicurazione Unipol controllata dalle cooperative.

Che i politici non diano troppo peso al titolo di studio o all’esperienza del soggetto è un modus operandi che nel Pd sembra prassi consolidata. Infatti stessa strada hanno seguito il sindaco di Rimini Andrea Gnassi e lo stesso ex premier e segretario nazionale Matteo Renzi, quando era presidente della provincia di Firenze.

Nel 2011 l’eco del caso Lombardelli arrivò a Rimini e due esponenti dell’opposizione, Gioenzo Renzi (Fdi) e Giuliana Moretti (Ncd), sostennero che la «prassi Lombardelli» era stata adottata anche dal loro sindaco. Presentarono un esposto alla Corte dei Conti che condannò Gnassi, la giunta e il segretario generale del Comune di Rimini, Laura Chiodarelli, a restituire complessivi 61400 euro perché l’inquadramento (corrispondente alla solita categoria D) del Capo di Gabinetto Sergio Funelli era illegittimo.

Per una vicenda simile invece Matteo Renzi è stato assolto quando da presidente della provincia di Firenze aveva chiesto di assumere quattro persone come funzionari, anche loro senza laurea. Venne assolto perché non in grado di percepire le illegittimità del proprio operato. Giovanni Virga, direttore di Lex Italia, rivista di diritto pubblico, al tempo la spiegò con ironia sollevando un dubbio non da poco sulle valutazioni dei magistrati: «Il collegio ha ritenuto che l’attuale Presidente del Consiglio, pur essendo in possesso di una laurea in giurisprudenza, è un “non addetto ai lavori” che si fida ciecamente degli apparati burocratici e che non è in grado nemmeno di rilevare che al personale privo di laurea da lui assunto in via fiduciaria non può essere corrisposto il trattamento economico previsto per i laureati».

Un commento
  1. tullio

    28 agosto 2017 at 06:20

    Pagherà Merola di tasca propria le spese processuali e il danno erariale ?

    Rispondi

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