L’avvocato del Comune Pd che guadagna più di Trump e della Merkel


 

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Nel fantastico mondo di Meroland, del sindaco di Bologna Virginio Merola, il direttore del Settore legale del Comune, l’avvocato Giulia Carestia, nel 2016 ha guadagnato come stipendio 345.933 euro. Niente male, per una con un cognome così. Strano, perché ci avevano spiegato che 240.000 euro era il tetto annuo invalicabile che nessun dirigente dello Stato avrebbe potuto superare. Eppure il legale bolognese oltrepassa la soglia di oltre 100.000 euro.

 

Si fa fatica a crederlo, ma Carestia prende più di tutti i principali capi di governo del mondo. Per intenderci più del presidente degli Stati Uniti (che ha uno stipendio di 400.000 dollari – al cambio 336.000 euro – che Donald Trump devolve in beneficienza, a differenza del predecessore suo Barak Obama), più del primo ministro del Canada Justin Trudeau (218.000 euro), più del cancelliere tedesco Angela Merkel (196.000 euro ), più del presidente del Sudafrica Jacob Zuma (187.000 euro), più del primo ministro del Regno Unito Theresa May (180.000 mila ) e del primo ministro del Giappone Shinz? Abe (170.000 euro).

 

Eppure Merola, la sua giunta e due dirigenti sono appena stati condannati per una vicenda legale, il «caso Lombardelli», il proprio capo di gabinetto – un ottico con la terza media – assunto con contratto del pubblico impiego da 67000 euro. Un capo legali così ben pagato poteva consigliare meglio Merola? Si obietterà che la Carestia fa cose più importanti: solo 263.824 euro dei 345.933 entrano per onorari accessori di cause legali e controversie di settore. Nel 2010, quando il Comune di Bologna venne commissariato per le dimissioni del sindaco Flavio Delbono (per lo scandalo «Cinziagate»), il commissario Anna Maria Cancellieri provò a tagliare le parcelle degli avvocati a suo dire troppo elevate. Una sforbiciata la sua, capace di produrre drastiche riduzioni di spesa in ogni settore del Comune (anche con un risparmi del 90 %) ma non di intaccare quello legale. Nella foga Cancellieri commise errori formali, come rendere retroattivo il suo provvedimento contro i legali. Il provvedimento venne impugnato proprio dalla Carestia (e altri due) che fece causa allo stesso Comune che difendeva –capolavoro – e vinse.

 

Eppure Carestia non è un avvocato di grido affermatosi nelle aule di tribunale. Nata nel 1954, finisce il praticantato nell’82 e solo per tre anni, fino al 1985, esercita privatamente la professione di legale, anno in cui viene assunta a tempo indeterminato nel Comune di Bologna vincendo un concorso. Ma diventa capo dell’ufficio Legale nel 2004 grazie al sindaco Sergio Cofferati e alla scelta insindacabile del capo di Gabinetto del tempo, Bernardino Cocchianella. Un potere immenso quello di Carestia, perché oltre alla retribuzione di questo tipo liquida a terzi somme anche da 118000 euro, mantenendo la riservatezza più assoluta. Si sa soltanto che questi soldi vanno a un altro o più componenti del settore avvocatura. Se invece dà incarichi legali esterni al Comune appare il nome del consulente ma non il perché dell’esternalizzazione né la cifra. A non saperlo non sono solo i cittadini ma anche i funzionari del Comune di Bologna. Con questo comportamento l’ente viola sia la legge 241/1990 sulla trasparenza, sia l’articolo 21 della legge 69/2009 che obbliga gli enti locali alla pubblicazione delle retribuzioni e a sapere a chi sono state erogate. Materiale di sicuro interessante per Autorità anticorruzione di Raffale Cantone.

 

Sul «caso Lombardelli» invece Merola e il Comune si sono difesi davanti ai giudici sostenendo che il capo di Gabinetto non doveva avere una laurea perché è obbligatoria in un ente pubblico solo per chi ha poteri di spesa e gestionali. Se volevano assumere un soggetto con poteri di spesa era ovvio che questi avrebbe dovuto avere la laurea, si difendono. La Corte dei conti prova invece che Marco Lombardelli aveva sia poteri di spesa che gestionali e condanna anche per questo tutti i politici coinvolti e due dirigenti dell’ente, ma dimentica di sottoporre a giudizio anche il direttore della segreteria generale che ha attribuito la «responsabilità gestionale in merito agli atti amministrativi di rilevanza contabile e non a Marco Lombardelli», capo di gabinetto, come è scritto la delibera del Comune n. 268700/2011 del 17 novembre. Particolare citato nella condanna anche dalla Corte dei conti, ma sfuggito ai giudici. Infatti l’attribuzione e tutti gli atti di spesa del capo di Gabinetto sono illegittimi, così come le spese. In questo caso potremmo trovarci di fronte ad un abuso non ancora prescritto e ancora sanzionabile dalla Corte dei conti.

*Foto free da https://www.pexels.com/ Antonio Piacquadio

 

 

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